Il retroscena
.Metti allo stesso tavolo il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, il segretario romano del Pd Marco Miccoli, il consigliere regionale Enzo Foschi, il presidente dell'assemblea romana Eugenio Patanè e gli ex Ds D'Ausilio e Ciarla. Non si sarebbe trattato di un incontro conviviale, ma di una sorta di stato maggiore della componente zingarettiana, con un «intruso»: Patanè. Nel menù la strategia per la prossima assemblea regionale del Pd in programma il 24 giugno che dovrebbe eleggere, nelle intenzioni della maggioranza, il nuovo segretario regionale. L'intenzione di Zingaretti sarebbe chiara: offrire la segreteria a Patanè, ex Margherita non di estrazione cattolica e già consigliere comunale e capo della segreteria di Mario Di Carlo, per costruire un ponte con Veltroni, un asse in grado di creare un nuovo modello Roma utile per la scalata del presidente della Provincia al Campidoglio. Patanè si sarebbe detto pronto e disponibile. Per essere eletto ha bisogno di 210 voti in assemblea, raggiungibili solo se la maggioranza bersaniana è compatta e riesce a tenere assieme lettiani, franceschiniani, mariniani. Per avere la certezza dell'elezione servirebbe però l'intesa con una delle due componenti della minoranza: Fioroni o Veltroni. Zingaretti preferirebbe ovviamente la seconda ipotesi, così da lasciare i popolari (ricomposti sull'asse Fioroni-Gasbarra-D'Ubaldo sostanzialmente uniti all'opposizione anche nella Capitale) in minoranza e mandare un messaggio forte e chiaro a Bersani su Roma e il Lazio. Veltroni vedrebbe molto bene una chiusura su Patanè, homo novus sul quale intenderebbe investire e che negli ultimi tempi si sarebbe legato molto allo zingarettiano Miccoli. L'ultimo via libera all'operazione sarebe arrivato l'altro ieri, quando i veltroniani avrebbero dato mandato a Roberto Morassut di chiudere su Patanè. Giochi fatti? Macché. Il partito trasversale delle primarie, lettiani in primis, non vuol sentir parlare di inciucio. La maggioranza è tutt'altro che compatta. L'area franceschinana e mariniana scalpita e punta su Melilli; Zanda vorrebbe sacrificarsi in prima persona o tirare fuori dal cilindro Astorre. I popolari, in minoranza, sono per le primarie senza se e senza ma. Insomma, tutto in alto mare. E all'orizzonte c'è il possibile slittamento dell'assemblea legato al nuovo regolamento nazionale del Pd che riforma l'istituto delle primarie e lo rende necessario solo per le cariche elettive e per il segretario nazionale, ma non per quelli locali. L'incognita è quando tale regolamento verrà portato in assemblea e licenziato.