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I killer: «Aprite, polizia» Poi esplode la mattanza

Agguato

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«Aprite, polizia». Poi la pioggia di otto colpi esplosi da tre killer che lasciano a terra due morti e due feriti. Sul movente non ci sarebbero dubbi: è un regolamento di conti legato a storie di droga. Ma ancora c'è molto da chiarire. Due notti fa, il commando voleva uccidere tutti e quattro i presenti nella villa di Cecchina, alle porte di Roma. Doveva essere una mattanza, come quelle che accadono in terre di mafia. Una violenza che a Roma e nel suo hinterland è sempre più frequente. Alla fine il bilancio è stato di due morti e altrettanti feriti. Tutti pregiudicati. Non ce l'hanno fatta Fabio Giorgi, 41 anni, nato a Marino ma residente ad Ardea, con un precedente per tentato omicidio nel suo curriculum criminale: colpito a un polmone, deceduto nel giorno del suo compleanno, l'unico che è riuscito a fare qualche passo per poi crollare davanti all'abitazione. Il marocchino Rabii Baridi, 34 anni, stabile a Roma nella zona di piazza Dante, ferito a morte al volto e al collo. Se la sono cavata il proprietario di casa, Marco Paglia, nato 39 anni fa a Marino, ferito all'addome e ricoverato al San Camillo. E Paolo Paglioni, 37 anni, romano ma residente a Giudonia, anche lui raggiunto al ventre. I sicari hanno usato pistole semiautomatiche calibro 7,65 e a tamburo: il tipo che lascia bossoli. Sono giunti in auto intorno a mezzanotte, hanno suonato e poi agito. Ma come? Il sospetto dei carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati diretto dal colonnello Marco Aquilio è che i malviventi non sono stati capaci a portare a termine la missione di morte. Dovevano uccidere e non ci sono riusciti. Probabile segno del loro nervosismo e della loro presunta inesperienza. E allora, come nasce una decisione tanto efferata, e chi l'ha presa? Le indagini non sembrano facili. La collaborazione che si sperava fornissero i due feriti non c'è stata. Pare che Paglia e Paglioni non abbiano riferito particolari descrizioni dei due. Agli investigatori avrebbero detto che i tre killer si sono presentati a volto scoperto, ma avrebbero anche aggiunto di non averli mai visti prima, quindi di non poterli riconoscere così facilmente. Perciò punto e a capo. Neppure sembra semplice ricostruire la dinamica dei fatti e arrivare a identificare i componenti del commando ascoltando i residenti accanto alla villa. Diversi di questi sono parenti del proprietario di casa. Per cui le versioni non chiariscono ma confondono le acque, non coincidono e sviano. La droga, comunque, appare il movente certo. Una partita presa e non pagata? Il debito con qualche spacciatore? Oppure un carico sul quale ha messo le mani chi non doveva? I carabinieri stanno guardando anche al tenore di vita che i quattro mantenevano. E finora non pare fosse così agiato, spendaccione. Solo Giorgi amava girare su auto potenti. Il malaffare che ruota attorno al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti è la trama del film di violenza e morte che di recente è stato girato in certe vie di Roma e in alcuni centri della cintura metropolitana. A metà gennaio, all'uscita da una sala giochi di Tor Tre Teste, viene freddato Angelo Di Masi, pregiudicato di 44 anni originario di Vibo Valentia. Qualche giorno dopo al Trullo muore uno spacciatore di 49 anni, colpito alla testa da un cliente che si era lamentato della roba. Il 25 gennaio, a Corcolle allunga la lista Carlo Ciufo, ventenne di Tor Bella Monaca, ucciso con una pallottola alla nuca. Ferito alla schiena il suo amico Alessio Nataletti. Ad aprile tiene banco il fattaccio a Prati, l'assassinio dell'imprenditore Roberto Ceccarelli, 46 anni: anche qui gli investigatori battono pure la pista della droga.

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