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IL CASO

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Inprincipio fu l'esclusione dell'ex assessore alla Cultura, Umberto Croppi, esponente di Fli, che non ha mancato (e ancora non manca) di levarsi numerosi sassolini dalla scarpa; poi i rampelliani all'attacco dell'Auditorium e, da ultimo le dimissioni (irrevocabili) del direttore del Macro, Luca Massimo Barbero. In mezzo una "misteriosa" biennale di scultura e, soprattutto, la figura barbina della statua di papa Wojtyla a Termini. Un fil rouge per la sovrintendenza capitolina, alias, Umberto Broccoli, uno dei pochi ai quali piace la statua, quello che litigò con i funzionari del Mibac per il cartiglio di Cavour, quello che ieri Croppi non ha mancato di indicare, implicitamente, come responsabile delle cose che non vanno al Macro, ancora classificato come «ufficio della sovrintendenza» e per il quale sono riservati 200mila euro, ora "rientrati" alla sovrintendenza. Ma Croppi, indicato nei giorni scorsi come possibile nuovo direttore del Macro, precisa «non voglio avere alcun ruolo, voglio occuparmi di politiche cittadine e culturali ma senza lacci. Voglio partecipare a salvare il Macro, le delibere per elevarlo a museo e per costituire la fondazione sono sparite nel nulla. Frutto della guerra tra Broccoli e l'assessore Gasperini». Replica secca di Gasperini: «La Fondazione si farà, il ritardo è dovuto alle delibere sbagliate presentate proprio da Croppi». Mentre Broccoli assicura di lavorare in pieno accordo con l'assessore. L'idea tuttavia è che lo scontro sia non tanto sul Macro o sull'Audiotorium, quanto sul sovrintendente capitolino. Sus. Nov.

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