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Un agente: «Disse che fu picchiato»

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.È questo il rapporto tra Ilaria Cucchi e il fratello Stefano, morto al Sandro Pertini nell'ottobre del 2009. La donna ha testimoniato ieri davanti ai giudici della terza sezione della Corte d'assise durante il processo nei confronti di dodici imputati, tra medici e agenti della polizia penitenziaria. «Andavamo d'accordo, ci scambiavano sms, io nei suoi confronti ero sempre molto dura e lui temeva molto il mio giudizio - ha detto Ilaria Cucchi - ero sospettosa, nel periodo della tossicodipendenza a volte frugavo tra le sue cose per controllare; dell'ultimo periodo non ho però alcun elemento per dire che si drogava». Non solo. La sorella della vittima ha anche riferito che il fratello più volte avrebbe detto di sentirsi «malato», con l'intenzione di voler attirare l'attenzione dei parenti. «Una volta disse che aveva un tumore al pacreas, dalle analisi si scoprì che non era vero, un'altra volta disse che voleva tentare il suicidio, chiamammo i vigili del fuoco ma anche in questo caso non era vero». Nel corso dell'udienza di ieri si è seduto sul banco dei testimoni anche un carabiniere, l'autista che la mattina del 16 ottobre aveva il compito di accompagnare Stefano Cucchi dalla caserma al Tribunale per essere sottoposto al rito per direttissima dopo il suo arresto per droga. «Notai subito che aveva il viso gonfio e arrossamenti intorno agli occhi: gli dissi se aveva bisogno di un medico ma lui rifiutò». Quando Stefano Cucchi, dopo la convalida del suo arresto per droga, entrò in carcere a Regina Coeli, disse all'agente dell'ufficio casellario della struttura penitenziaria «che lo avevano arrestato per droga e che era stato menato all'atto dell'arresto», ha detto in aula ieri il testimone Bruno Mastrogiacomo, assistente della polizia penitenziaria. La prima volta disse «che era stato picchiato dai carabinieri - ha continuato - in un secondo momento sottolineò solo che era accaduto all'atto dell'arresto».

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