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«Abusivi per forza», perché la pubblica amministrazione non da' le risposte che dovrebbe, entro i termini fissati dalla legge.

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Espiegano, dietro garanzia di assoluto anonimato, come funzionano davvero le cose. «Sì, è vero, ho messo i tavoli fuori dalle mia attività (un bar in centro n.d.r.) senza averne diritto - spiega uno di loro - ma l'ho fatto perché sono quasi due anni che aspetto una risposta dall'amministrazione e quindi ho interpretato questo silenzio come un silenzio-assenso». «Cosa dovrei fare? - racconta un altro esercente, stavolta di un ristorante in centro - aspettare in eterno? La domanda di occupazione del suolo pubblico l'ho fatta a marzo del 2010, siamo a maggio 2011 e ancora nessuna risposta». Funziona praticamente sempre così, ci confermano dalla Confcommercio Roma, che preferisce però non parlare di illegalità diffusa quanto di casi di illegalità dovuti all'inattività della pubblica amministrazione che non rispetta i tempi di risposta alla domanda di occupazione. Dovrebbero passarne sessanta in centro storico, trenta nelle altre zone di Roma. «In realtà più spesso sono sei mesi quando va bene - incalzano dall'Associazione di categoria - con punte di un anno e mezzo, due quando va male». Sotto accusa la delibera in vigore che, secondo molti esercenti, «tiene in scacco le aziende». «È complicata - dice ancora il titolare di un bar - soprattutto se il permesso viene chiesto per una strada del centro storico. Capisco che il centro vada salvaguardato anche da un punto di vista architettonico, ma allora perché si permette lo scempio delle bancarelle abusive o dei chioschi posizionati in ogni parte della città, che il più delle volte non hanno alcun permesso di stare?». Dam. Ver.

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