Gli appettiti politici, e non solo, sull'Ama
.Così, il segretario generale della Fit-Cisl del Lazio, Maurizio Marozzi ha commentato la convocazione dei sindacati Ama da parte del primo cittadino per lunedì. Non solo. Il sindacalista dà anche la sua versione al caos rifiuti di questi giorni nel quadrante est della Capitale: «Le condizioni di lavoro in cui siamo costretti ad operare ci hanno costretto a una presa di posizione forte. A cavallo del primo maggio - dice Marozzi - abbiamo iniziato una serie di assemblee, partendo dai quattro depositi Ama. Per parteciparvi molti lavoratori hanno perso alcune ore, i mezzi sono partiti in ritardo e si sono accumulate tonnellate di rifiuti per strada. Alle assemblee hanno partecipato tutte le sigle, tranne la Cgil perché impegnata nello sciopero generale». Come se non bastasse Marozzi entra nel dettaglio: «A Roma raccogliamo circa 5 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani al giorno, circa 4 mila di indifferenziati. Riuscendo a raccogliere solo 2.500 tonnellate, quasi 1.500 al giorno sono rimaste per le strade, accumulandosi giorno per giorno. In tre, quattro giorni si tornerà alla normalità». Così, mentre l'opposizione (o meglio Pd, Api e Idv) gongola sull'emergenza scattata al Prenestino, Appio, Tuscolano, si apprende un'altra verità. Non più (o non tanto) la chiusura dell'impianto di Rocca Cencia da parte della Provincia di Roma (che sa comunque di forzatura pre-elettorale), ma una prova di forza, o vera minaccia, da parte dei sindacati. Una strategia messa in campo anche nelle precedenti gestioni e amministrazioni, quando improvvisamente in alcuni quartieri della Capitale la «munnezza» veniva raccolta a singhiozzo. Sullo sfondo di una situazione paradossale si nasconde un'altra delicata e strategica partita. A fine maggio scade il consiglio di amministrazione dell'Ama. Un passaggio non da poco se si considera che molto presto l'azienda capitolina enterà a far parte della gestione dell'intero ciclo dei rifiuti (e dunque anche della produzione di energia). Gli attacchi di una parte dell'opposizione, così come le «piccole scosse» dei sindacati vanno, forse, lette in questa luce. Da una parte i sindacati che premono per chiudere un accordo che porti il rinnovo del contratto prima dell'insediamento dei nuovi vertici. Dall'altra le opposizioni che avrebberò già "annusato" l'esclusione. La quota che per prassi (ma non per legge) va ai partiti di opposizione all'interno dei Cda, nel caso di Ama sarebbe già chiusa con l'Udc. Questo significa che il Pd potrebbe essere clamorosamente escluso dalla gestione di un'azienda che ha fatto «sua» da 15 anni a questa parte. Tutti elementi che trasformano quei cassonetti pieni di immondizia in un midiciale strumento politico.