Usavano le stesse parole e gli stessi metodi della Banda della Magliana
«Adessose pijamo Roma», dicevano al telefono i criminali. E per dare una «lezione» al nemico impugnavano la pistola e facevano fuoco per intimidire e uccidere. L'organizzazione era capace di qualsiasi azione violenta pur di raggiungere lo scopo: conquistare il territorio e ottenere il monopolio dello spaccio di cocaina, marijuana e hashish nella Capitale. Un'attività criminale che però è stata sgominata ieri all'alba dagli uomini dei carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore aggiunti Giancarlo Capaldo. In 38 sono finiti dietro le sbarre e 43, invece, sono stati iscritti sul registro degli indagati. Le accuse, a seconda delle posizioni processuali, vanno dall'associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tentato omicidio e sequestro di persona, con l'aggravante del metodo mafioso. La banda, secondo quanto accertato dagli investigatori grazie a pedinamenti e intercettazioni telefoniche, operava soprattutto nei quartieri a sud-est della Capitale, tra Tuscolano, Cinecittà e Tor Bella Monaca. Ogni mese era in grado di mettere sul mercato trenta chili di cocaina e 300 di hashish ed «erba». La banda, che da anni spacciava in questi quartieri, era riuscita a raggiungere i propri «frutti», cioè rendendo fertile il territorio per lo spaccio di droga. A tal punto da decidere di fare il salto, tentando di conquistare tutta la Capitale, di ottenere il monopolio dello spaccio a Roma. Un obiettivo che stavano cercando di raggiungere con molte azioni violente, con minacce e usando le armi. La faida per conquistare il territorio sarebbe cominciata nel maggio del 2008, proseguendo fino all'agosto del 2009. Collegata all'attività criminale, anche l'omicidio di Emiliano Zuin avvenuto nel luglio del 2008. Secondo i pm, la vittima era in «contrapposizione con la banda arrestata». Sotto la lente d'ingrandimento della procura, anche gli ultimi episodi di violenza avvenuti a Roma: non è escluso, infatti, che le sparatorie in strada possano essere collegate sempre al controllo del territorio tra spacciatori, come, ad esempio, il delitto di Roberto Ceccarelli, ucciso davanti al Teatro delle Vittorie. Tra i motivi che hanno portato negli anni l'organizzazione a sparare, anche il sospetto che qualcuno fosse stato avvicinato dalle forze dell'ordine, oppure perché non venivano rispettati i pagamenti della droga. A chi si comportava «bene», invece, i capi regalavano auto di lusso e orologi preziosi. Per cercare di non essere arrestati dalle forze di polizia, venivano pagate anche le cosiddette vedette, soprattutto a Tor Bella Monaca, che avevano il compito di dare l'allarme. In via Laurentina i militari hanno sequestrato una vera e propria piantagione di marijuana che era curata da uno dei 38 arrestati: si trovava all'interno di un agriturismo. Tra i luoghi utilizzati per gli incontri c'erano un centro scommesse di via Ciamarra, oltre al bar all'angolo tra via Vignali e via Marco Dino Rossi.