Agguato in casa, i vicini: «Non abbiamo visto nulla»
Losguardo deciso su di lui, la pistola in pugno: pochi secondi prima di sentire il colpo e di accasciarsi in terra, in una pozza di sangue. Sono le 22,30 di lunedì sera quando un'esplosione rompe il silenzio nella palazzina al civico 46 di via delle Triremi, a Ostia Ponente. Pochi istanti prima qualcuno ha suonato al campanello dell'appartamento al quarto piano. Lo ha fatto a colpo sicuro, certo di trovare Massimo Stefano Aragona, 30 anni, alle spalle piccoli trascorsi con la giustizia per droga. Proprio lui, l'altra sera a casa con il cugino e un amico, è andato ad aprire al suo feritore. Un proiettile solo, sparato a un metro di distanza, gli ha perforato la tempia sinistra. Quando l'ambulanza è arrivata sul posto, pochi minuti dopo, le condizioni del ragazzo sono apparse subito disperate. Portato d'urgenza al San Camillo dove attualmente si trova ricoverato in prognosi riservata, non sarebbe tuttavia in pericolo di vita. Sarà proprio lui stesso, forse, a fare il nome dell'uomo al quale ha aperto la porta e che per poco non lo ha ucciso. Sempre che gli investigatori non ci arrivino prima. Gli agenti della Squadra Mobile hanno infatti ascoltato sia il cugino che l'amico del 30enne. Entrambi avrebbero raccontato di essersi nascosti al rumore dello sparo e di non aver visto nulla. Sentita nella mattinata di ieri anche la fidanzata di Massimo Stefano in merito alla vita del ragazzo, ai suoi possibili contatti con l'aggressore. Il regolamento di conti rimane, ad oggi, l'ipotesi più convincente: il giovane ferito potrebbe aver subito minacce per qualche partita di droga non andata a buon fine. Un'eventualità che, al contrario, convince poco gli amici del ferito. «Lo conosco da quand'era alto così - spiega un cliente del King bar di via delle Triremi, a due passi dal palazzo dove vive Massimo Stefano – è un bravo ragazzo, ha un'officina qui vicino dove lavora con il cugino, ogni tanto ci va anche il fratello. Ha avuto un piccolo problema con la giustizia, certo, ma non credo possa essere legato a quanto accaduto». Intanto, ieri mattina, tra la gente del palazzo e i commercianti in zona la voglia di parlare era ancora poca. I dirimpettai e gli inquilini dello stesso stabile al 46 di via delle Triremi, hanno raccontato agli investigatori di non aver visto né sentito niente. «Forse un botto», si è lasciato sfuggire qualcuno. Le tapparelle dello stabile, dove il nome Aragona non compare neanche sul citofono, sono ancora abbassate: dal secondo piano si intravede a malapena una signora: «No, non ho sentito nulla, ero davanti alla tv», si giustifica sbrigativa. Intanto proseguono le indagini anche sulla sparatoria avvenuta due giorni fa a Don Bosco, dove due individui in moto hanno fatto fuoco contro il conducente di una Smart, lievemente ferito.