Rifiuti nel Lazio Indagati 4 dirigenti della Regione
Quattro indagati. Eccoli i sospettati della Regione Lazio. Gli investigatori della procura di Velletri che hanno messo il naso sul presunto affare rifiuti avrebbero puntato la loro attenzione su quattro dipendenti del palazzo di cristallo sulla Cristoforo Colombo. Si tratta di funzionari e dirigenti che, secondo quanto emerso dalle indagini degli inquirenti dei Castelli Romani, sarebbero coinvolti nell'inchiesta sui rifiuti nel Lazio. Due delle tre microspie trovate durante la bonifica nella sede della Regione sono state installate proprio dalla polizia giudiziaria che sta portando avanti le indagini sulla discarica di Albano. La terza «cimice», quella cioè trovata nella presa della corrente nella stanza del governatore Renata Polverini resta ancora un mistero. Come la microcamera scoperta in un'altra stanza del palazzo dell'Eur. Chi ha installato queste due apparecchiature elettroniche senza autorizzazione della magistratura né di Roma né di Velletri? È questo il punto sul quale stanno lavorando gli investigatori romani, chiamati a effettuare, tra l'altro, una consulenza tecnica per risalire alla provenienza e al raggio d'azione delle microspie. Per ora le ipotesi al vaglio degli inquirenti sono diverse, tra le quali anche quella che qualcuno possa aver installato le cimici per alzare un polverone in grado di far confusione nell'inchiesta sui rifiuti. Oppure che qualcun altro possa aver messo le microspie per ascoltare la presidente Polverini e il suo staff per cercare di venire a conoscenza delle scelte politiche per risolvere il problema dei rifiuti nel territorio laziale. Come dire, una guerra interna alla Regione. Nel mirino dei pm di Velletri, dunque, la discarica di Roncigliano, nel Comune di Albano Laziale, e della procura di Roma invece la presunta «cimice» illecita scoperta negli uffici dell'assessorato alle Attività produttive, che si occupa proprio dei rifiuti nel Lazio. Nei mesi scorsi pr un attimo l'attenzione degli investigatori si è concentrata anche sul termovalorizzatore di Colleferro. Motivo il ritrovamento di alcuni rifiuti «radioattivi», che durante i controlli hanno fatto schizzare gli apprecchi. L'allarme però è durato poco. Si tratterebbe di rifiuti medici, che sono stati a contatto con pazienti sottoposti a cure specifiche, per esempio per la tiroide.