Agli stranieri permessi col morto

L'ex avvocato e l'assistente amministrativo in una scuola alberghiera. Sono ritenuti mente e organizzatore di una presunta associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, in città e in provincia. Per mettere in regola gli stranieri con la sanatoria del 2009 avrebbero fatto figurare datore di lavoro anche persone morte, come la parente di uno dei capi del sodalizio. I due sono finiti in carcere, altri cinque ai domiciliari, settanta i denunciati, compresa una commercialista che vistava i fascicoli personali. Il giro di documenti falsi è stato scoperto dalla polizia del Commissariato Viminale di Carmine Belfiore in collaborazione con l'Ufficio immigrazione di Maurizio Improta. Circa duecento gli stranieri gabbati, la maggior parte bengalesi, costretti a pagare fino a cinquemila euro: circa quattrocento finivano in tasca ai loro connazionali che li mettevano in contatto con l'organizzazione, duecento alla commercialista, il resto ai due. E considerando il numero degli immigrati l'affare ha fruttato parecchio. L'indagine è partita nel gennaio 2010, dopo aver trovato un documento sospetto durante un controllo. Gli accertamenti si allargano e arrivano all'avvocato radiato nel '99, Agostino Rossodivita, e all'amministrativo Oronzo Scarpa, dell'alberghiero Amerigo Vespucci: nella sua abitazione i poliziotti hanno trovato anche diplomi in bianco, gettando le basi di una inchiesta che sarà avviata nei prossimi giorni. I due riescono ad avvicinare alcuni bengalesi di Tor Pignattara titolari di negozi di abbigliamento e altri accessori, ai quali prospettano il business: fare da intermediari coi loro connazionali che arrivano nella capitale, sono clandestini e vorrebbero avere un permesso di soggiorno. Prezzo da pagare: fino a cinquemila euro da versare in tre rate. La prima all'avvio della pratica, le altre in corso d'opera. Gli adescati sarebbero duecento. Alcuni di loro avrebbero accettato approfittando dell'occasione, altri hanno avuto paura e una volta intuita la truffa non l'avrebbero denunciata.