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Fuggi fuggi dal Campidoglio Atac rischia il commissario

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.Il rifiuto di concedere nuove linee di credito all'azienda del trasporto pubblico capitolino, insieme al niet della presidente Polverini della settimana scorsa, avrebbe messo un'ipoteca enorme sulle casse dell'Atac che da «rosse» rischiano ora la bancarotta. Ci sarebbe anche questo dietro le dimissioni del presidente Luigi Legnani, dell'amministratore delegato, Maurizio Basile e del presidente del collegio dei sindaci, Massimo Tezzon. Un'uscita, quest'ultima, da non sottovalutare. Ma la lettura delle dimissioni dei vertici Atac, a sei mesi dall'arrivo di Basile per rimettere in ordine l'azienda dopo la vicenda parentopoli, non è così semplice. Partiamo dall'inizio: Legnani, vicino al deputato Fabio Rampelli, non è un personaggio politico ma un tecnico di alto profilo che avrebbe dovuto (e voluto) ricoprire il ruolo di amministratore delegato. Così non è stato. Quel posto era in «quota politica» e toccò a Adalberto Bertucci. Forse, con il senno di poi, sarebbe stato meglio il contrario. L'arrivo di Basile come uomo di fiducia (e tecnico) del sindaco Alemanno aveva fatto sperare in una ripresa finalmente possibile. Il piano industriale, presentato a febbraio è stato invece «affossato». Dai sindacati prima, dal Campidoglio poi, che non è andato oltre qualche riunione. Infine quel parere chiesto dal sindaco alla Corte dei Conti proprio sull'indennità di Basile (aveva mantenuto quella di capo gabinetto) e il «nuovo» stipendio dei manager Atac che nel caso di Basile sarebbe sceso a 75 mila euro. Molto meno di un dirigente. Un dato questo che coinvolgerà presto tutte le aziende capitoline. Al di là della retorica, stabilire lo stipendio di un manager al 70 per cento di quello del sindaco significa svuotare le aziende di professionalità. Presidente e amministratore delegato infatti rispondono in prima persona in sede civile e penale degli atti compiuti nell'esercizio delle proprie funzioni. Un rischio altissimo soprattutto nel caso delle aziende capitoline in cronica sofferenza. Su questo punto però è stato lo stesso Alemanno a chiarire: «Il parere della Corte dei Conti chiede una diversa formulazione dei compensi, che non saranno necessariamente più bassi. Questa diversa formulazione sarà oggetto di una delibera di Giunta che riguarderà tutti i compensi dei vertici di tutte le società municipalizzate, quindi anche Ama». E se l'addio di Basile sembra ormai definitivo («ci stiamo parlando - dice Alemanno - però credo che si debba aprire una fase nuova per l'Atac»), attualmente l'unica via praticabile sembra essere quella del commissariamento. Nonostante le dimissioni dei vertici Atac saranno effettive dal 16 giugno, dopo l'approvazione del bilancio, i tempi per trovare nuovi manager sono strettissimi. Non solo. Gli equilibri politici all'interno del Pdl sono già in forte crisi. Non a caso, ieri sono arrivate le dimissioni del vice capo gabinetto di Alemanno, Alfredo Mantici (c'è chi lo indica vicino a Cicchitto). I motivi sono, come sempre, personali. Ma in tre anni di governo, tre capi di gabinetto, altrettanti assessessori al Bilancio, quattro amministratori delegati di Atac e l'azzeramento della giunta comunale, non sono una bella media per il centrodestra. E l'equilibrio politico che garantisce governabilità sembra ancora ben lontano a venire.

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