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Scappato dall'inferno per tornare a vivere

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Ènato a Tunisi ed è tra i 648 immigrati ospitati alla De Carolis. Conosce l'italiano, lo parla correttamente e proprio per questo è diventato il capo del gruppo. Gira tutto il giorno con un megafono in mano, chiama e riporta all'ordine i suoi connazionali. Tutti lo ascoltano e lo seguono. Si è messo al servizio di chi lo sta ospitando, una mano per aiutare a capire. «Sono scappato dal mio paese perché ormai era diventato invivibile - dice Eddy mentre l'emozione comincia a farsi strada - Ci hanno rubato tutto, la polizia tunisina ci ha fatto solo del male. Non potevo più rimanere. E come me tanti altri». Eddy ha già conosciuto l'Italia qualche anno fa. Lavorava come pizzaiolo a Bologna. Il tempo di mettere sui soldi e tornare a casa e aprire una pizzeria. «Quel giorno mi sono sentito realizzato. Avevo coronato un sogno, lavorare per conto mio. Ho una famiglia numerosa, mia mamma di 84 anni, due sorelle a carico, ero io a portare i soldi a casa e mantenere la famiglia». Poi qualcosa è cambiato. «Il regime ci si è rivoltato contro, la polizia ha cominciato a fare soprusi, veniva al negozio e ci toglieva tutto ogni giorno. Non potevamo più vivere e sono scappato». Eddy conosce le regole, le rispetta e intende farle rispettare ai suoi connazionali. «Dico sempre loro che scappare da qui non serve. Io voglio continuare a vivere, trovarmi un lavoro e avere un permesso di soggiorno. La Tunisia è bella, l'amo, ma non ci posso più tornare». Gli occhi di Eddy si intristiscono, piange. «Grazie all'Italia per quello che sta facendo. Al Governo italiano chiediamo di continuare ad aiutarci, avere un permesso di soggiorno per poter cercare un lavoro. Noi non siamo gente cattiva, vogliamo solo lavorare. Ce ne siamo andati per difendere la nostra libertà, per non essere più calpestati da chi si è rubato i nostri soldi. Mi piacerebbe andare in Francia, Germania o Belgio, oppure restare in Italia. Cerco un lavoro. Per vivere. Io e la mia famiglia». Mas. Cic.

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