Il 62% delle visite senza prenotazione Boom all'Umberto I
Ilrapporto evidenzia un sistema di liste «colabrodo» e poco trasparente, con le prestazioni erogate e non prenotate, nel 2010 pari al 62,9% (8.751.821) mentre per quelle prenotate, si possono attendere oltre 100 giorni come per una visita oculistica o urologica, più di 180 per una cardiologia, oltre 280 per un eco-color doppler, e oltre 340 giorni per un'ecografia all'addome. Una fotografia decisamente desolante quella che emerge quindi dal secondo Rapporto del progetto Pit, realizzato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. Il dossier è il risultato dell'analisi sistematica dei 4023 casi gestiti dal Progetto integrato di Tutela (Pit) Lazio nel 2010. I problemi più sentiti dai cittadini, stando alle cifre, sono la mancanza di informazione e il conseguente disorientamento (18,2%), i presunti errori terapeutici o diagnostici (17,2%) e la difficoltà di accesso alle prestazioni (11,9%). Seguono: rapporto con medici/personale sanitario (8,7%), denunce varie (7,1%), invalidità e accompagno (5,4%), liste di attesa (5%). Il Policlinico Umberto I svetta per prestazione erogate e non prenotate nel 2010 con 1.002.444 casi, l'85% delle agende. Stesso trend alla Asl di Frosinone con 859.154 prestazioni erogate e non prenotate. Meglio, la situazione nelle Asl RmB, RmC e Rieti. I presunti errori diagnostici e terapeutici, con una percentuale pari al 17,21% delle segnalazioni. Più specificatamente, i presunti errori diagnostici e terapeutici si riscontrano durante la fase della diagnosi (45%), intervento chirurgico (40%), riabilitazione (12%) o riguardano la modifica della terapia (2%). I presunti errori evidenziati dai cittadini si verificano principalmente in oncologia per il 26%, segue l'ortopedia per il 24%, dove le principali tipologie di segnalazioni sono diagnosi errata o avvenuta in ritardo, non riconoscimento di lesioni, disattenzione per sintomi segnalati dal paziente, precursori di possibili complicanze infettive, sottovalutazione, da parte dei sanitari, dei sintomi riferiti dal paziente nella fase iniziale del trattamento della lesione, esami diagnostici non idonei, scarsa attenzione alle condizioni generali del traumatizzato, mancata diagnosi e rilevamento di tutte le lesioni in politraumatizzati. Seguono i casi in chirurgia generale per il 15% e in cardiologia per il 7%; diagnostica e ginecologia rispettivamente per il 6%; medicina generale per il 4%; oculistica e otorinolaringoiatria (3% ciascuna); odontoiatria per il 2% così come urologia; pediatria per l'1%. Il 12% dei pazienti segnala inoltre difficoltà di accesso alle prestazioni con particolare riferimento a prestazioni assistenziali, mancata assistenza, modalità di funzionamento dei servizi. Altra criticità evidenziata dal rapporto sono le liste di attesa. I medici di base e i pedriatri, per i cittadini laziali, sono infine i meno «chiari« e «disponibili», il rapporto con loro è «complicato» e «poco soddisfacente», e per il 30% dei pazienti il medico di base non è più un punto di riferimento. Dan. Dim.