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di DINA D'ISA Bello, americano e sportivo (in jeans e maglietta), il «Donnie Darko» dei teenager approda nella Capitale per infiammare il cuore delle sue fan.

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Unfilm da non perdere, pieno di ritmo e di trovate geniali, che racconta come possano convivere mondi virtuali e paralleli, in una vita oltre la morte, capace di cambiare il destino delle persone, di eliminare il male e il terrorismo dal pianeta. «Source Code» è un programma militare top secret che permette a un volontario - eroe di entrare nel corpo della vittima di un attentato per sventare l'attentatore prima che possa causare il peggio. In un action thriller che appassiona (con un low budget di 5 milioni di dollari) Jake Gyllenhaal è Colter, elicotterista di stanza in Afghanistan, che è parte di un programma governativo sperimentale e si trova costretto, suo malgrado, a vivere e rivivere nel corpo di un altro la tragedia di un treno fatto esplodere con una bomba. A lui serviranno otto maledetti minuti, da vivere all'infinito (morte compresa), per riuscire a individuare gli attentatori. Il suo è un viaggio nel tempo e nello spazio, mentre una donna in uniforme (Vera Farmiga) gli impartisce ordini da un monitor e una bella ragazza (Michelle Monaghan) di cui finirà per innamorarsi, gli sorride sempre anche se lui non ricorda chi sia. «Con un software come "Source Code" (Codice Sorgente) si sarebbe potuti entrare negli aerei dell'11 settembre e sventare il massacro - ha detto il divo celebre per il suo ruolo ne "I segreti di Brokeback Mountain" di Ang Lee, grazie al quale ha vinto i Bafta, una candidatura agli Oscar e ai Sag - La violenza non è mai necessaria né concepibile. Se il mio ruolo in "Donnie Darko" ha rappresentato il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, questo film è stato per me il confine tra adolescenza e maturità. "Source Code" è ricco di tante sfumature psicologiche e il fatto che il mio personaggio muoia e poi rinasca ad altra vita, più e più volte, mi fa pensare al buddismo invece che alle trame di science-fiction. Se dovessi ora vivere il mio ultimo minuto, correrei ad abbracciare la mia famiglia e poi cercherei di farmi una risata, perché l'umorismo è l'unica cosa che ti consente di uscire fuori da qualsiasi situazione, anche quella più difficile. E se ci fosse ancora un po' di tempo, mi mangerei un bel piatto di pasta. Sugli scrittori di fantascienza non ho dubbi: amo George Orwell, anche se sono un appassionato del genere senza essere un esperto. Il mio apporto al film è stato fondamentale, perché ho portato Duncan a girarlo e a dirigermi, dopo aver apprezzato la sua regia in "Moon": da quella volta, ho capito che volevo lavorare assolutamente con lui». C'è grande complicità tra regista e attore, entrambi figli d'arte: Jake, figlio del regista Stephen di origine svedese e Jones, figlio del Duca Bianco, David Bowie. Jones ha offerto agli spettatori un thriller suggestivo e potente, riuscendo, ancora una volta, a fare bingo: «Avevo solo 5 milioni per realizzare il film - ha detto il regista - Avevo bisogno di un piano d'attacco per avere quelle poche cose che potevo ottenere. Tenere al limite il cast e girare al chiuso toglie molti fattori di imprevedibilità, ecco il mio segreto! È difficile definire "Source Code", è un action movie, una commedia, una storia d'amore, ma anche un thriller di fantascienza con un pizzico di mistery».

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