La notizia dell'arrivo della nave Clodia con a bordo 680 tunisini al porto di Civitavecchia non è stato un fulmine a ciel sereno ma ha fatto sicuramente tremare più di una poltrona
Nonostantela presidente del Lazio, Renata Polverini, sia stata sempre chiara, soprattutto su Roma e il suo hinterland che resteranno «chiuse» almeno fino al primo maggio, giorno della beatificazione di Giovanni Paolo II, il sindaco Alemanno ha voluto accertarsene in prima persona. Tra le prime telefonate quella al prefetto Pecoraro «mi ha garantito che gli immigrati che arriveranno a Civitavecchia non usciranno dalla caserma, da dove saranno smistati verso il centro-nord - dice Alemanno -. Roma non sarà interessata dalla presenza di clandestini. Occorre garantire la vigilanza dei centri di accoglienza perché non è ammissibile che ci siano queste fughe di massa, come a Manduria, che rischiano di mandare in pezzi 10 anni di politiche di controllo dei flussi migratori». Non solo. L'arrivo di clandestini nella città eterna in questo momento, quando inizia a prendere corpo, tra mille difficoltà, il piano nomadi e dunque lo sgombero dei campi abusivi, rappresenterebbe una pietra tombale nella politica della sicurezza di Alemanno. Un fatto inaccettabile. Per questo il primo cittadino è andato a parlare, insieme al sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, direttamente con il premier. «Ho sottolineato al presidente Berlusconi la necessità di tenere sotto il più stretto controllo la situazione di Civitavecchia per evitare dispersioni, perché si tratta di una area metropolitana che ha già grandi problemi. In questo senso ho avuto delle rassicurazioni da parte del presidente - ha detto il sindaco -. È fondamentale tenere sotto controllo la situazione di Civitavecchia e impedire, in qualsiasi caso, avvicinamenti o dispersioni all'interno di Roma. La nostra città non può realisticamente sopportare il peso dei clandestini che entrano in maniera irregolare». Sono già oltre 22 mila le persone che, in un modo o nell'altro, vengono assistite dalla Capitale. Nel particolare, come riferiscono dall'assessorato alle Politiche sociali, si contano circa 7mila nomadi, 8mila rifugiati politici ai quali si aggiungono migliaia di senza fissa dimora. Una situazione talmente complessa da rischiare in ogni momento il collasso. E non è soltanto un discorso squisitamente politico. Con il piano nomadi in attuazione, e tutte le difficoltà di sgomberare e creare nuovi insediamenti per i nomadi, la Capitale non avrebbe in questo momento neanche le strutture per accogliere clandestini. Basti ricordare che per sgomberare i campi abusivi si era pensato all'installazione di tendopoli temporanee. Quelle stesse, per intenderci, che si stanno utilizzando in altre Regioni. Una soluzione, quella delle tendopoli, poi scartata. Riproporla oggi per ospitare clandestini al posto di nomadi sarebbe davvero paradossale. Stavolta tuttavia Alemanno non si trova solo. La Polverini, così come il presidente della Provincia Nicola Zingaretti fanno muro. Sì alla solidarietà ma che tutte le Regioni si assumino la propria responsabilità. «Vorrei conoscere quanti sono destinati in Lombardia, Veneto e Piemonte, e in tutte le Regioni italiane». Ha chiesto, senza ottenere risposta, Zingaretti.