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La verità sta nella lettera inviata dalla dirigenza del Gruppo San Raffaele a praticamente tutte le Istituzioni, dal presidente del Consiglio Berlusconi in giù.

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Lacrisi del Gruppo San Raffaele, che sta portando la famiglia Angelucci alla chiusura di ogni attività sanitaria a partire dal 15 aprile, ha infatti una doppia genesi. La prima è eminentemente economica. La Regione non liquida da due anni le prestazioni erogate dalle diciassette case di cura del San Raffaele, per un debito complessivo di circa 150 milioni di euro. Ad oggi non sono state pagate neppure le prestazioni effettuate dal San Raffaele Cassino, che ammontano a circa 50 milioni e che già sono state certificate dalla Asl di Frosinone. La Regione, inoltre, ancora non ha siglato l'intesa sulla riorganizzazione del Gruppo, nonostante il decreto 80 imponesse come limite temporale ultimo lo scorso 31 marzo e nonostante il San Raffaele abbia sin dal 2009 proposto una soluzione in tal senso. Fin qui l'aspetto contabile. Ma a questo deve aggiungersi quello giudiziario, evocato peraltro dal presidente del San Raffaele Spa Trivelli e dall'amministratore delegato Vallone nell'ormai famosa lettera, in cui si punta il dito contro l'inerzia dei funzionari regionali probabilmente indotta dall'inchiesta dei Nas. Era il 4 febbraio del 2009 quando scattarono le manette per dodici persone nell'ambito delle indagini su una presunta maxitruffa da 170 milioni di euro ai danni del Servizio sanitario. Tra gli arrestati figurava anche Giampaolo Angelucci, ai domiciliari, e il padre Antonio Angelucci, per il quale, essendo deputato, fu richiesta l'autorizzazione a procedere al Parlamento, poi negata. Nei guai finirono anche alcuni dirigenti regionali, l'ex direttore generale della Asl RmH Luciano Mingiacchi e tre dirigenti del San Raffaele Velletri. L'inchiesta, portata avanti dai Nas di Roma con il pm della procura di Velletri Giovanni Taglialatela, è relativa agli anni 2005-2007 e ipotizza l'associazione per delinquere finalizzata dalla truffa al Servizio sanitario eseguita attraverso corruzione e abuso d'ufficio. In pratica, sarebbero state emesse fatture per prestazioni sanitarie mai eseguite o eseguite in misura inferiore a quanto dichiarato. La Procura ha notificato l'avviso di chiusura delle indagini, mentre la Corte dei Conti ha già fissato per maggio la prima udienza. Di qui l'«inerzia» dei funzionari regionali. Una matassa difficile da sbrogliare che, per il momento, sta stritolando 3.171 famiglie e 2.283 pazienti. Dan. Dim.

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