Delitto dell'Olgiata, svolta dopo 20 anni Winston crolla: "L'ho uccisa io"

Quattro anni dopo l'omicidio aveva deciso di chiamare la figlia con il nome della contessa ammazzata. Poi si è ammalato per il peso che portava dentro di sè ed è finito sulla sedia a rotelle. Quando alla fine gli hanno messo sotto agli occhi la prova schiacciante della sua colpevolezza ha confessato: «Sono stato io a uccidere Alberica Filo della Torre». Dopo vent'anni dall'omicidio Winston Manuel Reyes ha deciso di dire la verità, che comunque era già nelle mani degli inquirenti che nel 2007 avevano riaperto l'inchiesta. Il giallo dell'Olgiata è stato dunque risolto. Sia grazie agli esami scientifici del carabinieri, sia alla confessione finale dello straniero. Da tempo l'ex domestico filippino della famiglia Mattei voleva liberarsi di questo peso, ma fino ad oggi era riuscito a restare chiuso nel suo silenzio, arrivando addirittura ad ammalarsi. Ieri, prima di essere interrogato dai magistrati nel carcere di Regina Coeli, dove è detenuto con l'accusa di omicidio volontario in stato d'isolamento, aveva detto ai suoi difensori di avere intenzione di parlare, di pagare per quello che aveva fatto la mattina del 10 luglio del 1991 nella camera da letto della contessa: colpirla con uno zoccolo alla testa, lasciandola in una pozza di sangue con un lenzuolo intorno al collo. E proprio sul lenzuolo gli investigatori del Nucleo investigativo di via In Selci, diretti da Lorenzo Sabatino, in collaborazione con i colleghi del Ris di Roma, diretti da Luigi Ripani, hanno trovato una traccia di sangue di due centimetri di diametro. Questa è la macchia, su 51 che sono state analizzate, che ha incastrato definitivamente il filippino. Il dna corrispondeva a quello dell'arrestato. In un primo momento, quando il 40enne è stato portato in caserma in stato di fermo, è rimasto in silenzio, non ha detto nulla agli investigatori. Trascorsi due giorni dietro le sbarre, in una cella da solo, leggendo la Bibbia, ha deciso di confessare che quell'estate è stato lui a uccidere la donna. «Mi ha detto "da una vita volevo confessare" - ha dichiarato il suo difensore, l'avvocato Mattia La Marra - dopo l'omicidio e a causa delle emozioni vissute si ammalò di encefalite tanto da essere costretto a vivere su una sedia a rotelle e proprio per questo si trasferì anche nelle Filippine per curarsi ed è qui che ha conosciuto la seconda moglie dalla quale ha avuto i tre figli e con la quale ha cominciato un'altra vita». Winston Manuel due mesi prima di ammazzare la contessa, era stato «licenziato» dalla vittima. Lui, che comunque continuava a frequentare la casa dove faceva alcuni «lavoretti», il giorno del delitto era tornato per chiedere di poter lavorare di nuovo per la famiglia Mattei. Di fronte al rifiuto della donna ecco scattare il raptus dell'uomo, che dopo il delitto è scappato dalla finestra della camera da letto senza essere notato da nessuno. Ieri mattina, prima di confessare il delitto al pubblico ministero Francesca Loy e al tenente colonnello dei carabinieri Bruno Bellini, il giudice per le indagini preliminari Francesco Patrone non aveva convalidato il provvedimento di fermo della procura perché fino a quel momento il filippino non era stato ancora informato che ad accusarlo in maniera definitiva del delitto era stata la traccia ematica di due centimetri trovata sul lenzuolo. Di conseguenza non c'era ancora il rischio che potesse, se rimesso in libertà, darsi alla fuga. Ma poi c'è stato nel pomeriggio il colpo di scena: la piena confessione del filippino e quindi il quadro dell'indagine è decisamente cambiato, convincendo a quel punto il gip ad emettere l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Alla luce della confessione dello straniero, il pm chiederà il giudizio immediato. Una scelta che gli inquirenti utilizzano di fronte a un'evidenza della prova e che consente di saltare l'udienza preliminare. I difensori del filippino dal canto loro, quasi certamente solleciteranno il processo con il rito abbreviato, che consente all'imputato di beneficiare di un terzo di sconto della pena. L'unica certezza per ora è che dopo vent'anni di false piste e di dubbi l'assassino di Alberica Filo della Torre è chiuso in carcere senza più il peso che nascondeva dentro di sè dal 1991.