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La procura: Winston non ha un alibi

Il filippino Manuel Winston

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Ancora una volta ha dovuto ricostruire ciò che è accaduto il giorno dell'omicidio della moglie. Pietro Mattei è stato ascoltato per quasi due ore ieri pomeriggio in procura per ripercorrere la giornata del 10 luglio 1991, quando Alberica Filo della Torre fu trovata senza vita nella sua camera da letto nella villa all'Olgiata. Al centro dell'incontro con gli inquirenti, anche i rapporti che c'erano tra l'ex domestico filippino Winston Manuel e la sua famiglia. Nel corso del precedente interrogatorio, lo stesso Mattei, secondo quanto riportato nel decreto di fermo nei confronti dell'indagato, aveva dichiarato che Winston Manuel Reyes «era il filippino che sostituì Violeta quando questa era andata nel suo Paese in vacanza e lavorò in villa fino a giugno, occupandosi dei lavori pesanti, dormiva in casa e per questo conosceva la combinazione della porta d'accesso dal garage e aveva le chiavi del cancello». Anche queste dichiarazioni sono state nuovamente sottoposte a Pietro Mattei, sentito come persona informata sui fatti, dal pubblico ministero Francesca Loy, che ha ascoltato il teste insieme al tenente colonnello dei carabinieri Bruno Bellini. Nello stesso decreto di fermo, vengono riportati i nomi e cognomi di sei testimoni che all'epoca dei fatti avevano ricostruito il rapporto che c'era tra il filippino e la famgilia Filo della Torre. Tra questi, Remedios Acheta, la domestica assunta il 15 aprile del '91, raccontò che «Violeta viene sostituita dal un filippino di nome Winston Manuel che lavora per 4 ore al giorno martedì, giovedì e sabato e dorme in villa quando la famiglia Mattei non c'è». Un'altra donna, Maria Luisa Occhi Ortega, raccontò agli investigatori che la contessa aveva licenziato il filippino perché «chiedeva sempre anticipi». Poi la massaggiatrice Cristina Gismondi disse di aver visto Manuel fino al giugno 1991, aggiungendo che la nobildonna si lamentava di lui «perché non rispettava gli impegni assunti». Un'amica della vittima, Anita Masotti, riferì di aver saputo da Alberica che il filippino era stato mandato via «perché beveva, non gli piaceva e non gli dava alcuna fiducia». Infine, la baby sitter inglese Melanine Uniacke ha detto che la vittima non gradiva la scarsa attitudine al lavoro dello straniero, ma che comunque svolgeva lavori nella villa per ripianare un debito con la contessa. Agli atti dell'inchiesta, poi, l'ammanco di un anello in oro con un brillante del valore di 80 milioni di lire, di un girocollo e di un paio di orecchino e l'ammissione di Winston che agli inquirenti disse di conoscere dove venivano lasciati i gioielli nella camera da letto. Sempre nel decreto di fermo, viene sottolineato che l'indagato non avrebbe un alibi: «Le sue dichiarazioni di aver incontrato il figlio del suo datore di lavoro, Giuseppe Pecora all'interno del comprensorio dell'Olgiata il 10 luglio, sono risultate smentite dalle dichiarazioni dello stesso Pecora che ha dichiarato che non poteva averlo incontrato perché quel giorno era fuori Roma». Dall'accusa di aver ucciso la contessa, stamattina Winston Manuel avrà la possibilità di difendersi davanti al gip, che lo interrogherà nel carcere di Regina Coeli per la convalida del fermo: i pm, intanto, hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari di emettere anche un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.

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