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Arrestato il domestico Stava per fuggire

Il filippino Manuel Winston

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Stava per fuggire. Il presunto assassino della contessa Alberica Filo della Torre è stato arrestato prima che facesse perdere le sue tracce. A distanza di vent'anni dall'omicidio della donna nella sua villa all'Olgiata è finito dietro le sbarre il presunto killer. Si tratta del filippino Winston Manuel Reves, 41 anni, bloccato ieri pomeriggio dai carabinieri, coordinati dalla procura di Roma. I militari hanno deciso di fermarlo dopo aver effettuato l'esame del dna su alcuni reperti che si trovavano nella camera da letto della contessa uccisa la mattina del 10 luglio 1991. L'accertamento tecnico è risultato compatibile con quello prelevato su uno degli oggetti repertati: lo zoccolo che sarebbe stato utilizzato per colpire a morte la donna, il lenzuolo sul quale c'erano le macchie di sangue della contessa, l'orologio Rolex, la camicia da notte della vittima e un fazzoletto di carta. Proprio su questo reperto sarebbero state trovate tracce biologiche dell'indagato. Secondo la procura il domestico filippino, se non fosse stato fermato, sarebbe potuto fuggire. Per l'imprenditore Pietro Mattei, vedovo della contessa, è un barlume di speranza che piomba dopo vent'anni di buio investigativo. Il suo legale, Giuseppe Marazzita, si dice già soddisfatto di questo primo risultato: «C'è in me una grande soddisfazione, quel che appare certo fin da ora è che abbiamo fatto bene a chiedere nuove analisi del dna sui reperti oggetto dell'inchiesta. Finalmente abbiamo delle risposte». «Abbiamo fatto bene ad opporci alla richiesta di archiviazione - ha aggiunto l'avvocato - che era stata fatta anni fa sulla base di un accertamento tecnico da noi considerato fallace e in maniera non adeguata. Per fortuna abbiamo trovato un gip che ha dato valore al nostro convincimento». Winston Manuel, per lungo tempo indagato per omicidio volontario assieme a Roberto Iacono, all'epoca, faceva parte del personale di servizio della villa della contessa assassinata. Era indagato sin dalla riapertura dell'inchiesta dopo l'esposto presentato dal marito della nobildonna, secondo il quale era necessario effettuare nuovi esami sui reperti utilizzando tecnologie che all'epoca del delitto non esistevano. E proprio da questi accertamenti la magistratura si è convinta a fermare il domestico filippino, che nel corso degli anni si è anche sposato. A disporre il provvedimento di fermo il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pubblico ministero Maria Francesca Loy, che hanno portato avanti l'inchiesta insieme con i carabinieri del Reparto Operativo e del Ris. Secondo la procura, il filippino si stava dando alla fuga e quindi oggi i pm chiederanno la convalida della misura cautelare. L'inchiesta è stata riaperta con la convinzione che dall'esame dei reperti sequestrati all'epoca potessero emergere elementi utili all'individuazione del killer, potendo contare su tecniche scientifiche certamente più evolute rispetto a quelle utilizzate nel '91. E così Iacono, figlio della «governante» di casa Mattei, e Manuel, uno dei domestici, erano stati nuovamente iscritti sul registro degli indagati. Quattro anni di indagini, durante i quali i due si sono sottoposti all'esame del dna: Roberto Iacono, ad esempio, un mese fa si è presentato spontaneamente davanti ai carabinieri del Ris per il prelievo del dna, effettuato tramite un tampone. Adesso, con l'accelerazione delle indagini, per lui si potrebbe definitivamente chiudere una lunga e tragica vicenda giudiziaria. La contessa Alberica Filo della Torre aveva 42 anni quando fu trovata priva di vita nella stanza della sua villa all'Olgiata. Secondo i primi rilievi era stata strangolata e colpita con uno zoccolo alla testa. Nella prima inchiesta, poi conclusasi con l'archiviazione e lo stralcio per consentire la riapertura di un procedimento penale, Iacono e Manuel erano stati inizialmente chiamati in causa perché, secondo la procura, avevano sufficienti motivi per nutrire rancore e risentimento nei confronti della vittima. Iacono, di cui si diceva avesse problemi di natura psicologica, non aveva gradito il «licenziamento» della madre, che secondo alcuni testimoni era stata mandata via perché chiedeva continui prestiti o aumenti di stipendio. Il filippino, invece, che avrebbe dovuto restituire alla contessa un milione di lire, era stato più volte visto discutere animatamente con la donna. Per Pietro Mattei l'indagine è sempre stata lacunosa e caratterizzata da troppe omissioni in relazione ad alcuni accertamenti tecnici di laboratorio. Tra i reperti segnalati dal marito della vittima e, a suo dire, meritevoli di essere sottoposti all'esame del dna anche l'orologio Rolex della contessa e altri oggetti, come i pantaloni di Manuel e Iacono, il lenzuolo del letto della donna, lo zoccolo con il quale fu colpita e alcuni indumenti intimi. In base alle ultime indagini, il filippino sottoposto a fermo, il giorno del delitto avrebbe cercato di rubare il Rolex di Alberica.

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