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Schiavi cinesi dell'alta moda

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Eranoi clandestini dell'alta moda. Cucivano abiti con le targhette delle griffe «made in Italy». La scoperta è stata fatta in uno stabile al Villaggio Prenestino dai carabinieri del Radiomobile della Compagnia di Tivoli diretta dal capitano Emanuela Rocca. Due orientali sono stati arrestati, altri quattro lavoranti connazionali sono stati portati all'Ufficio Immigrazione per le pratiche di espulsione. Contando il numero delle postazioni, altri tre lavoranti mancherebbero all'appello. Sequestrati duecento vestiti, mille etichette col marchio della case di moda e trecento bobine di filo di cotone di vari colori. Proprietaria della sartoria una società regolarmente iscritta alla Camera di commercio. Titolare un ragazzo di 29 anni arrestato per sfruttamento della manodopera clandestina. La madre di 59 anni, invece, è l'altra persona tratta in arresto con l'accusa di favoreggiamento della permanenza di stranieri illegali sul territorio: sulla carta il suo compito era quello di pagare l'affitto dello stabile. I sarti cinesi lavoravano, mangiavano e dormivano qui, in 150 metri quadrati. All'interno dell'ambiente un solo bagno. I posti letto erano stati creati nelle piccole rientranze delle pareti. Madre e figlio, invece, risiedevano in una bella villa in zona. Le indagini sono partite a seguito di alcune segnalazioni. I carabinieri hanno lavorato per quindici giorni: si sono appostati, hanno verificato che veniva consegnata della merce senza mai vedere però qualcuno uscire dal laboratorio, se non i titolari. Il rapporto tra il laboratorio e le griffe era inesistente. La società cinese cuciva gli abiti in subappalto, su incarico di un altro soggetto che si era aggiudicato dalla casa di moda l'incarico di confezionare gli abiti.

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