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A Tor Vergata si mangia a comando

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Unacircolare del rettore infatti detta nuove disposizione per l'orario di lavoro. Non si potrà andare in ufficio prima delle 8 e non si potranno effettuare recuperi o lavorare in esubero. Fin qui, tutto sommato, in un'ottica di risparmio sullo straordinario ci potrebbe anche stare. Forse. L'anomalia più curiosa, invece, riguarda la pausa pranzo. «In ogni struttura: facoltà, dipartimento, centro, divisione o loro articolazioni - si legge nella missiva - il responsabile fisserà l'intervallo di un'ora tra le 12.30 e le 15.30 entro il quale i dipendenti dovranno effettuare ciascuno la propria pausa. L'indicazione dell'intervallo così fissato verrà affisso nei locali e pubblicato sul sito internet». Ma se lo stomaco reclama cibo prima, o dopo, l'orario stabilito? «Può chiedere il cambio dell'orario» precisa ancora la disposizione «ma una sola volta l'anno» e non si tratterà di un'operazione semplice. «Il cambio deve essere approvato dal responsabile. In casi eccezionali, adeguatamente motivati - continua il testo - il Direttore amministrativo, sentito il responsabile della struttura, può autorizzare ulteriori cambi di orario». A leggerla così la nuova regola per i dipendenti dell'ateneo sembra persino un po' crudele. E non si stenta a credere che la disposizione del rettore sia uno degli argomenti portanti negli uffici dell'università. «Il paradosso dei paradossi - commenta Duccio Prosperi della segreteria Ugl Università - è che Tor Vergata ha ricevuto 18 milioni di euro come "ateneo virtuoso", non si capisce perché se i soldi entrano in cassa, si continuano a fare tagli sul personale. Forse la "virtù" dell'università è dovuta squisitamente a "mamma Regione" che paga i debiti del Policlinico». Forse, però la razionalizzazione della pausa pranzo è dovuta ad esigenze legate all'organizzazione della mensa. «Mensa? Non esiste da noi - chiosa Prosperi - per mangiare si deve andare al bar». E con la fila da fare per prendere e mangiare un panino nell'ora "gentilmente" concessa, il rischio di rimanere digiuni è quasi certezza. Sus. Nov.

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