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I rifugiati vadano negli altri comuni

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Alemanno segue le operazioni di pulizia dell'ex ambasciata somala

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Via i rifugiati dalla città. Il messaggio del sindaco non lascia spazio a dubbi: i posti per l'accoglienza ai profughi sono esauriti e non possono essere aumentati. Resta un'unica soluzione, mandarli in altre città. Alemanno allora chiede aiuto all'Anci: «Chiederemo all'Associazione nazionale dei comuni italiani di distribuire sul territorio nazionale queste persone per evitare che si fermino tutte a Roma. La città paga il prezzo di una scarsa chiarezza legislativa». La paura è che l'invasione diventi insormontabile se i profughi ammassati sulle coste del Nord Africa arriveranno in Italia. L'Anci, dal canto suo, tende una mano al Campidoglio. Il vicepresidente dell'Associazione e sindaco di Padova, Flavio Zanonato, accoglie l'invito di Alemanno: «Concordiamo nel rimarcare che la responsabilità è dello Stato, per questo chiederemo al ministro Maroni di aumentare la disponiblità dei posti». L'Anci ha il ruolo di coordinamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) che, attraverso i fondi statali, accoglie i richiedenti asilo attraverso una rete di più di 150 Comuni e Province. I numeri di quella che appare come una vera e propria emergenza danno ragione al sindaco, il quale parla di almeno «duemila rifugiati politici che versano in situazioni precarie». Una stima abbastanza attendibile dell'ufficio immigrazione comunale quantifica in 6-8 mila i rifugiati che si trovano nella Capitale. Circa 1.500 sono accolti dalle associazioni di volontariato convenzionate col Comune. Altri 1.188 sono in lista d'attesa. Tutti gli altri cercano una sistemazione come possono. I più disperati si ritrovano ad occupare gli edifici lasciati vuoti, come l'ex ambasciata somala dove è stata stuprata una ragazza italiana. Ieri mattina il palazzo è stato letteralmente murato. Lo stesso Alemanno, accompagnato dall'ambasciatore somalo Hassan Hussein, ha seguito in diretta il lavoro degli operai che con calce e cemento hanno chiuso porte e finestre. I cancelli dell'edificio in via dei Villini sono stati sprangati. I materassi, le coperte, i vestiti e le vettovaglie utilizzate dai somali che occupavano l'edificio sono stati portati via dagli operatori dell'Ama che hanno disinfestato le stanze in stile Liberty ridotte a discarica. Le barriere in muratura verranno tolte quando l'ambasciata deciderà cosa fare: o vendere o ristrutturare l'edificio. Il sindaco ha anche risposto alle polemiche di chi lo ha accusato di essere rimasto con le mani in mano per troppo tempo. «Questo palazzo è al di fuori della giurisdizione sia del Comune che dello Stato italiano - ha spiegato - Quindi non poteva essere sgomberato senza l'autorizzazione della Farnesina». Il palazzo, infatti, era già stato sgomberato a novembre. «Poi, però, la Farnesina ci ha detto di andarcene dall'edificio - ha raccontato - Al loro interno le ambasciate fanno ciò che ritengono. Solo con un permesso del ministero degli Esteri o della stessa ambasciata noi possiamo intervenire. Se volete proprio prendervela con qualcuno, chiedete alla Farnesina». Insomma, i ritardi e la tolleranza nei confronti di questa occupazione più che decennale, sarebbero della Farnesina e dell'ambasciata che non hanno risposto ai solleciti del Comune. Ma il problema resta. I rifiugiati continuano ad essere troppi rispetto all'accoglienza che il Campidoglio può offrire.  

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