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Fermate pericolose Ping pong Cotral-Anas

La fermata di Ponte Arrone, direzione Roma

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FIUMICINO Scaricabarile sulle fermate della morte. Puntuale, dopo l'ultimo tragico incidente di venerdì scorso dove una quattordicenne è stata falciata da due macchine mentre scendeva dall'autobus ad Aranova, si scatena il rimpallo di responsabilità sui soggetti che, appurata la pericolosità dei percorsi, specie sull'Aurelia, dovrebbero ridisegnarne la geografia. Ping pong di competenze che, in questo caso, vede contrapposte Cotral, azienda di trasporto regionale, e Anas. La prima, nell'ammettere l'effettiva pericolosità delle fermate, sollecita l'intervento di Anas poiché «proprietaria della strada». Quest'ultima, invece, declina ogni incombenza: «È la Regione Lazio, e quindi indirettamente il Cotral, a dover farsi carico della messa in sicurezza delle fermate». Insomma, versioni totalmente discordanti. «Le fermate in questione - Cotral si riferisce in particolare alla situazione di Aranova dove, nella maggior parte dei casi, mancano pensiline e illuminazione, quando non addirittura le paline - sono state oggetto, già nel 2008, di apposito sopralluogo tecnico di Regione Lazio, Comune di Roma e Anas. In quell'occasione furono prese in esame le fermate ritenute più pericolose al fine di ripristinarne le condizioni minime di sicurezza. Purtroppo l'Anas, quale ente proprietario della strada, ha sempre sostenuto che il problema non fosse di propria competenza. Indicativa di una situazione ormai al limite, è la fermata a Ponte Arrone, direzione Roma, per la quale l'Agenzia del trasporto autoferrotranviario del Comune di Roma, Atac, si era fatta carico anche della progettazione della fermata, ma l'Anas ha bocciato entrambe le proposte avanzate». Altrettanto chiara, apparentemente, la posizione di Anas: «Nel corso della riunione del 2008, la Regione si è fatta carico di mettere in sicurezza le fermate Cotral lungo l'Aurelia, e non solo in località Aranova. È tutto agli atti dunque non capiamo perché ci si chiami in causa». In attesa che si giunga ad una visione condivisa, la speranza è che a rimetterci non siano, ancora una volta, i fruitori del servizio.

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