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Da Boccea alle Torri la mappa dei rifugiati

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«Lapossibilità di aiutarli tutti non c'è». Una frase semplice, quella dell'assessore Belviso, che fotografa in un attimo la situazione d'emergenza. Ottomila rifugiati che hanno diritto alla protezione internazionale. E l'accoglienza è già al massimo: 1.475 posti in tutto. Concentrati nei centri che si trovano soprattutto in periferia. Nel quadrante est della città, tra Casilina, Prenestina e Tuscolana, e nella zona a ovest, a Boccea. Eritrei e afghani le popolazioni più rappresentate. I centri di accoglienza convenzionati con il Comune sono 23. I più piccoli possono ospitare al massimo 15 persone. I più grandi anche fino a 200. Queste case «sono ormai sature», ha detto Belviso. Appena si libera un letto, c'è un immigrato in lista d'attesa (1.080 aspettano di prenderne il posto). Quello che fino a l'altro ieri aveva la maggiore disponibilità era il centro Baobab, in via Cupa, a due passi da piazzale delle Province, una delle case di accoglienza più centrali. È qui che lunedì sera sono arrivati 44 somali. Gli stessi immigrati che fino all'altra settimana dormivano nell'ex ambasciata in via dei Villini, dove una ragazza ha denunciato di essere stata violentata (ieri il gip ha convalidato l'arresto per i due somali fermati con l'accusa di stupro). Adesso il Baobab ha praticamente esaurito i 200 posti disponibili. È nella zona delle Torri, invece, che si trova il maggior numero di centri convenzionati. A Torre Maura, in via Silicella, c'è una cooperativa che ospita 190 rifugiati. Il periodo massimo di accoglienza è sempre lo stesso: 6 mesi rinnovabili fino a 9. A Tor Bella Monaca, in va Raddusa ci sono due strutture (ai civici 12 e 14) che danno un letto a 53 stranieri. A Torre Angela, invece, ci sono altri 35 immigrati ospitati nella casa San Benedetto gestita dall'Arciconfraternita SS Sacramento. Non molto lontano, in via del Mandrione, c'è il Ferrhotel: altri 54 rifugiati (solo uomini singoli) che possono restare fino a 9 mesi. Il Ferrhotel, così come il centro «Monteverde» (30 posti) sulla Gianicolense, sono gestiti dal Consorzio Roma Solidarietà che fa capo alla Caritas. In tutti questi centri si cerca di mischiare le varie etnie, per favorirne l'integrazione. Fa eccezione la Casa della Solidarietà a San Basilio, in via di Scorticabove, dove da anni vive una comunità sudanese. Spostandosi dalla parte opposta della città, c'è il centro Enea, il più grande di tutti, in via di Boccea 356. È aperto dal 2007 e può ospitare fino a 400 immigrati. La gestione in questo caso è affidata direttamente al V Dipartimento del Comune. Ha costi più alti degli altri centri ma offre anche corsi di formazione, di avviamento al lavoro e di lingua italiana. Ha addirittura una squadra di calcio di soli rifugiati: lo Sporting Enea. Sempre a Boccea ci sono altre due case in via Verzuolo che accolgono 50 immigrati a testa. La maggior parte proviene dal Corno d'Africa: Eritrea, Etiopia e Somalia. Infine, bisogna ricordare il centro Astalli che ha tre case di accoglienza per un totale di 100 posti letto (la mensa arriva a servire 350 pasti al giorno) sulla Laurentina, al Nuovo Salario e in piazza Bernini a San Saba. Insomma, i volontari sono molti, ma i posti limitati. D'altronde, come ha detto ieri la Belviso ai microfoni di Radio Vaticana: «Non me la sento di togliere fondi a disabili o anziani per far fronte a questa emergenza».

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