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Lettere e proteste Il caso diplomatico di via dei Villini

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Anchel'ambasciata Ungherese, dirimpettaia della sede diplomatica somala, si era lamentata della presenza dei profughi africani in quella palazzina. La lettera al nostro ministero degli Esteri è della primavera 2010. «Da mesi - scriveva l'ambasciata di Budapest - gli schiamazzi, i rumori e le esalazioni provenienti dall'edificio che, secondo la targa esposta, risulta essere "Rappresentanza somala", di fronte la nostra residenza, turbano l'ordine e l'attività pubblica, ostacolando il regolare andamento dell'attività lavorativa dei nostri funzionari, dell'ambasciatore e della sua famiglia, nonché dei vicini. Si precisa inoltre - proseguiva la missiva - che il numero in continua crescita di persone residenti presso l'ambasciata somala vive in una costruzione indecorosa e supponiamo in condizioni igieniche con possibile pericolo per l'igiene e la salute pubblica». L'altro ieri la polizia ha sgomberato e chiuso la palazzina che dopo lo stupro di venerdì è diventata «Casa degli orrori». Il consigliere del II Municipio, Massimo Inches, capogruppo de la Destra, anche lui all'epoca invitato dall'ambasciata d'Ungheria a prendere a cuore la situazione del civico 9, teme che i somali possano tornare, così come è già avvenuto dopo l'operazione di polizia del novembre scorso: due africani furono arrestati per droga, gli altri - oltre cento - furono portati all'Ufficio immigrazione per controlli e identificazione - ma poi rientrarono in via dei Villini, come hanno tentato di fare l'altra sera, prima di essere dirottati nella stazione del metrò a Barberini. F.D.C.

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