Due indagati per il delitto di Valerio Verbano
Nonfu deciso soltanto dal gruppo di fuoco l'omicidio di Valerio Verbano. Dietro l'assassinio del ragazzo di 19 anni, militante di Autonomia Operaia, ucciso in casa 31 anni fa con un colpo di pistola 38 special, ci sarebbero altre persone molto vicine agli ex terroristi dei Nar. Per ora, nel fascicolo d'inchiesta che ha avuto una nuova accelerazione, risultano due nomi sul registro degli indagati con l'accusa di omicidio volontario. Si tratta di due ex estremisti di destra, uno vivrebbe in Brasile, l'altro sarebbe uno stimato professionista. Entrambi sarebbero stati riconosciuti da alcuni testimoni ai quali sono state fatte vedere immagini contenute nel fascicolo aperto all'epoca del delitto. Il procuratore aggiunto Pietro Saviotti, il pubblico ministero Erminio Amelio e i carabinieri del Ros un anno fa hanno avviato le indagini, analizzando i vecchi casi giudiziari rimasti insoluti. Per arrivare agli identikit dei presunti responsabili dell'omicidio di Verbano, gli inquirenti hanno utilizzato sofisticate tecnologie investigative, che gli hanno permesso di ricostruire più precisamente i volti degli indagati e poterli quindi mostrare ad alcuni testimoni. Secondo le indagini, il gruppo di fuoco che entrò in casa del giovane comunista abitava tra Montesacro e Talenti. Valerio Verbano venne ammazzato davanti al papà Sardo e alla mamma, Carla Zappelli, intorno alle 13,40 del 22 febbraio del 1980. Tre giovani erano riusciti a farsi aprire con uno stratagemma. Dopo aver immobilizzato i genitori di Valerio, i killer avevano atteso la vittima. Appena lo studente del liceo Archimede entrò nel salotto di casa, in via Monte Bianco 114, l'esecuzione che era stata pensata si realizzò. È una storia immersa negli «anni di piombo», frutto della logica degli opposti estremismi. La mamma di Valerio, per anni, è stata testimone inascoltata. Il suo difensore, l'avvocato Flavio Rossi Albertini, ha spiegato di voler attendere ulteriori sviluppi investigativi prima di rilasciare una dichiarazione. Nell'89 ci fu una sentenza di non luogo a procedere «perché ignoti gli autori». Chi indaga è certamente partito da un riconoscimento fotografico, che collega il blitz assassino di via Monte Bianco anche con quello fallito a danno di Roberto Ugolini, altro militante della sinistra extraparlamentare: lui riuscì a salvarsi, dopo essere stato ferito alle gambe. Adesso i pm hanno intenzione di convocare i due indagati per interrogarli.