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Porte aperte ai rom

La baracca carbonizzata nell'insediamnto rom di via Appia Nuova

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Sono pronti a metterli a tavola insieme ai figli, a custodirli, coccolarli e accompagnarli a scuola tutte le mattine, se servisse a risparmiare una vita di stenti ai bambini che vivono nei campi nomadi abusivi, disseminati in quasi tutta la città. La generosità è proverbiale nelle grandi famiglie. E proprio i nuclei familiari più numerosi, dai quattro figli in su, si sono dichiarati favorevoli a prendersi in casa un bimbo rom, uno di quei ragazzini che più patiscono a stare nelle baracche di stracci senza acqua luce, gas e fogne, come quella dove domenica sera sono morti bruciati i quattro fratellini a Tor Fiscale. Pronti a rispondere ad un'eventuale chiamata, se solo diventasse operativa la proposta di un affido temporaneo dei piccoli rom più disagiati, formalizzata lunedì al sindaco Gianni Alemanno e all'assessore Sveva Belviso al tavolo con le Associazioni cattoliche, da Lucia Ercoli di Medicina Solidale di Tor Vergata. «Sottrarre i bambini anche a queste violenze è una questione di civiltà» dice il responsabile regionale dell'Associazione Famiglie Numerose, Angelo De Santis, padre di sei figli, la più piccola di 4 anni, la più grande 23. «L'iniziativa - continua De Santis - porterebbe un sollievo ma aiuterebbe anche le persone ad aprirsi e a non rimanere chiuse nel proprio egoismo». Così mentre va avanti lo smantellamento delle mini baraccopoli abusive, e in attesa che si completi il piano nomadi, si moltiplicano i favorevoli all'affido dei piccoli rom. «Con Marco, mio marito avevamo già pensato a una cosa del genere - dice Antonella Gabriele, 40 anni, madre di due gemellini di 8 anni e di altri due bambini - se me lo chiedessero lo farei anche se è da organizzare». L'esempio insegna. «È un po' come abbiamo fatto quando quando in classe di mio figlio, alla scuola Anna Magnani di via Dalmazia è arrivato un alunno rom sporco che nessuno voleva vicino. Ma noi genitori abbiamo "adottato" questa famiglia che vive in una roulotte qui a Val Melaina e ieri a ritirare la pagella è venuta addirittura la sorella». «Non abbiamo pregiudizi, lo strumento dell'affido esiste» dice Armando Stridacchio, 41 anni, che sottolinea però che «al momento abbiamo una gestione quotidiana complessa». E si capisce: con la moglie Anna hanno 5 figli, tre gemellini di 5 anni e altri due di 4. L'affido temporaneo di un bambino rom in difficoltà sarebbe «solo un problema di gestione che andrebbe messo a punto» anche per Gabriele Chilosi, 52 anni e la moglie Laura Guerani, 47. Anche se per Chilosi sarebbe meglio «consentire a queste popolazioni di poter vivere secondo usi e costumi nei Paesi di provenienza». Per Cristina Bozzani, 8 figli, e un'esperienza di gestione di una casa famiglia «bisogna sostenere ilucleo familiare». E questo è uno dei tre punti della proposta della prof. Lucia Ercoli responsabile sanitario del Servizio di Medicina solidale di Tor Vergata, che segue 1.800 bambini immigrati e nomadi, la "madre" della proposta sull'affido dei bimbi rom. «È un grande segnale positivo di inclusione - ha detto l'assessore alle Politiche sociali di Roma Capitale, Sveva Belviso - ci sentiamo incoraggiati a proseguire su questa strada, segnata dalla proposta di Medicina Solidale e accolta favorevolmente come conferma l'indagine de Il Tempo».

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