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Zingara cassiera Uno su mille ce la fa

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Ogni mattina Mihaela, rom di 44 anni, lascia il campo nomadi di via Candoni, dove vive col marito e sette figli. Sale sul 719 e va a lavorare in un supermarket di via Frattini, a Villa Bonelli. Cinque ore al giorno da cassiera, per mille euro circa al mese più i contributi, a battere scontrini e dare resti alle signore che fanno la spesa al Gmr3 di Riccardo Massimi. È lui che l'ha assunta tre anni e mezzo fa con un contratto part-time a tempo indeterminato. Ed oggi è l'unica, tra i 1.100 ospiti di via Candoni, con un lavoro regolare. Fatto che suscita invidia tra i residenti dell'ex campo modello, che ormai assomiglia ad una discarica, per il continuo rovistaggio dei cassonetti. E quel che trovano finisce tutto nel campo. Mihaela-Claudia, invece, come la chiamano le clienti del Gmr3, che abitano nelle vie limitrofe a viale dei Colli Portuensi, quartiere chic a sud-ovest di Roma, a qualche centinaia di metri in linea d'aria da via Candoni, non rovista più. «Ormai ho un lavoro vero» conferma soddisfatta della sua occupazione stabile, che l'ha sottratta all'accattonaggio. E le ha consentito di riunire la famiglia. Prima di avere un lavoro, infatti, i suoi figli stavano in Romania coi nonni. Solo il piccolo viveva con la mamma, quando Mihaela sopravviveva in una baracca. Ma lo portava sempre con sé quando, seduta sul muretto, davanti al market dove oggi fa la cassiera, aspettava che le signore le comprassero biscotti e pizza. Poi un giorno qualcuno l'ha mandata al diavolo. «"Vai a lavorare" le ha detto» racconta Massimi. E lei le ha risposto: «Vorrei, ma nessuno mi prende». E Massimi l'ha assunta. Prima il lavoro. E poi per Mihaela è arrivato anche un container a via Candoni. Il sogno che si avvera. E anche se oggi nel campo ci sono tende canadesi, la puzza è il biglietto da visita, e gli ospiti sarebbero privi del Dast, il Documento di autorizzazione allo stazionamento temporaneo, il campo a due passi dal deposito Atac alla periferia della Magliana, è pur sempre ambito da chi vive nelle baracche abusive limitrofe. «Andiamo a lavarci lì» hanno confermato ieri pomeriggio alcune donne, tra il centinaio di persone del campo abusivo che si incontra risalendo per via Candoni, dopo aver svoltato a destra da via Portuense, ribattezzato «Candoni 2». Mihaela che ha vissuto qui, conosce gli stenti di questo campo che non si vede dalla strada, coperto dalle canne, davanti alla fermata degli autobus. E per questo aveva risparmiato ai suoi figli le sue sofferenze. Poi è arrivata la roulotte, acquistata con una colletta dal titolare del supermercato. «Ma i nomadi di via Candoni gliel'hanno distrutta» racconta Massimi. E infine la svolta, l'ingresso nel campo attrezzato di via Candoni. Dove però la famiglia romena convive nel settore dei bosniaci. Sotto le festività una figlia di Mihaela è stata massacrata per questioni di "cuore" durante una rissa con un centinaio di persone. Per quel pestaggio la giovane ha subito tre ricostruzioni al volto al San Camillo Forlanini. Oggi vive scortata dai genitori che le fanno la guardia a turno di notte per consentirle un sonno tranquillo. La convivenza con gli slavi è impossibile. La richiesta di trasferimento in un nuovo container, nella zona dove vivono i romeni, è stata presentata da Massimi. Si è attivato anche Augusto Santori, consigliere Pdl del Municipio XV. La risposta è questione di giorni.

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