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Via dalle baracche Sgomberateci subito

Roma, campi nomadi

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Loredana Vadula compie oggi trent'anni. Sogna una vita in un container. Due camere bagno e cucina dentro un cubo di latta è pur sempre una casa, per farci vivere i suoi tre figli. «Due oggi, invece, sono ancora in Romania». E invidia chi vive in un campo regolare. E non deve accendere il fuoco con l'alcol per scaldarsi di notte, correndo il rischio di morire bruciati, la fine atroce dei quattro bambini a Tor Fiscale. Chi l'ha detto che i nomadi vogliono vivere in un campo abusivo, dentro le baracche tra le fratte? Invece vogliono essere sgomberati. Sperano che arrivino presto i carabinieri e la polizia. Che li portino via, lontani da una vita di stenti nelle favelas senza luce, acqua, gas e fogne. I nemici giurati dei campi illegali sono i nomadi. Di campi così in città ce ne sono più di 200. Il sindaco Gianni Alemanno vuole cancellarli tutti. E i nomadi stanno dalla sua parte. Perché i primi a odiare le baracche sono coloro che le hanno realizzate. Lo hanno ripetuto ieri mattina un centinaio di nomadi, rom e bosniaci, che vivono nell'accampamento illegale, a 200 metri dal campo regolare di via Candoni, alla periferia della Magliana. Non solo i romani, che con le proteste hanno gonfiato il dossier del consigliere Pdl del municipio XV Augusto Santori. Svolti a destra da via Portuense, prima di arrivare alla stazione Muratella. L'ingresso del campo è lì, davanti alla fermata del 719. Attraversi la strada e se non hai paura le zingare ti invitano a entrare. «Venga signora, entri» dice Muhesura Nigabivuc, 48 anni, a Roma da quando ne aveva 23. «Ma la prossima volta - aggiunge - venga coi carabinieri e la polizia, così finalmente ci portano via da qui». Entriamo. Lasciandoci alle spalle la piccola discarica di scarti edili che dà sulla strada, scaricati perché tanto ci pensano i nomadi a riciclarli. Superato il canneto che oscura la vista del campo ecco la favela di baracche e stracci. I nomadi li chiamano «baracchini», un nome più gentile, ma la sostanza non cambia, neanche quando il baracchino è tenuto lindo come fa Loredana, che lo pulisce tutti i giorni, anche se ha un piede di legno perché, spiega: «la gamba l'ho persa quando avevo quattro anni per un incidente». Come si vive in uno dei 200 campi irregolari, che il sindaco Gianni Alemanno sta smantellando ad uno ad uno? «Venga, guardi, ce lo dica lei come si vive senza luce, acqua, gas e fogne» rispondono le donne, coi bambini di ogni età al seguito, che ci accompagnano a fare un giro tra le baracche. E se non ci fosse il sole a illuminare la giornata, sarebbe da scappare via. I bambini non vanno a scuola? La risposta ancora una volta cela l'invidia per i fortunati di via Candoni. «Da loro passa lo scuolabus». Invece a Candoni 2, come è stato ribattezzato il campo, le donne devono alzarsi alle sei per portare i figli a scuola. Molte ci rinunciano. «Che senso ha mandare i figli a scuola, se non puoi lavarli come tutti gli altri, e nessuno si avvicina perché puzzano». L'acqua le donne vanno a prenderla a via Candoni. «La luce c'è» spiega Loredana. Per cucinare ci sono le bombole, col fornello attaccato al materasso. Quando ci sarà uno straccio di normalità per queste famiglie? Glielo darà uno sgombero. «Devono sgomberarli tutti questi campi così» dice Hassiba, 36 anni, 8 figli. «Magari arrivassero i carabinieri e polizia». Ma come? vorreste essere sgomberati? «Magari domattina» è la risposta, di rom e bosniaci. Non vanno d'accordo, ma almeno su questo sì. E accettereste l'assistenza del Comune? «Sì con le famiglie insieme». Ma a Candoni 2 non s'è visto ancora nessuno. «Sono venuti i vigili urbani a contarci e basta». Mostrano i documenti. Raccontano che hanno chiesto di andare in un campo regolare. Ma i furbetti hanno avuto la precedenza. «Che vita è questa?» chiedono. In mezzo ai topi, i serpenti d'estate, il rischio di malattie, i contagi. Eppure qualcuno il campo irregolare l'ha scelto per comodo. «Di giorno vive a Candoni, di notte dorme qui». Sono i pochi eletti, i più invidiati.

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