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La regia di Ruggero Cappuccio svela il lato buffo di «Elisir d'amore»

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Unpiccolo stuolo di giovani cantanti si era messo a disposizione di un innovativo regista come Ruggero Cappuccio capace di rivestire il sapido capolavoro di Donizetti di un'atmosfera nuova e originalmente poetica. In una inattesa operazione di metateatro il regista riscrive la vicenda dei due campagnoli innamorati al di fuori del villaggio e la proietta quasi fuori dal tempo. Ad essere messo in rilievo è così quasi più il lato buffonesco della vicenda, che ha tratti inverosimili che non quel lato agrodolce, timidamente negativo di rivalità tra maschi e femmine proprio dell'opera. Poetici i colori che trascolorano da un sole tiepido e crepuscolare ad una diafana luna notturna, tra i lazzi e vezzi di trapezisti, trampolieri, funamboli, acrobati e giocolerie varie. Musicalmente l'opera è sostenuta dall'esperienza direttoriale di Bruno Campanella, che guida a dovere i giovani cantanti. Estroverso e fantasioso il Dulcamara di Alex Esposito, vispo a dovere il Belcore di Fabio Maria Capitanucci, applauditi ma talora troppo monocordi sia il Nemorino di Saimir Pirgu e l'Adina vocalmente «leggera» di Adriana Kucerova. Applausi alla fine per uno spettacolo di qualità, che merita attenzione con meno trovarobato e più poesia e fantasia.

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