Il violino di Uto Ughi tra trilli del diavolo e Kreutzer
Ceciliasi riempie tutta, come se suonasse Pollini. Sì, perché a dispetto degli ipercritici, e dei primi difetti d'intonazione che ravvisano nelle esecuzioni del violinista, già fanciullo prodigio e poi violinista mondiale, c'è tuttora tanto, in Uto Ughi, da riempire la maggior Sala e da ingenerare applausi da boato. La purezza incredibile del suono pur nella funambolica velocità, il proteiforme virtuosismo, la forza e la passione interpretativa sono altissime, come nel concerto di ieri l'altro con un partner di prim'ordine come il pianista austriaco Stefan Vladar, e segnatamente nella Sonata op.47 «a Kreutzer» di Beethoven, bellissima e difficilissima. Venerdì prossimo, Ughi affronterà un altro programma, riferito all'Italia – il primo era per la Germania con Brahms, Beethoven e Schubert - ed eseguirà da solista brani barocchi di Antonio Vitali, di Tartini – il celeberrimo «trillo del diavolo» dalla Sonata in sol minore - e di Pugnani. Indi brani di Respighi, di Milstein (la Paganiniana) ed infine del sulfureo Niccolò Paganini. Di costui Ughi suonerà quattro Capricci e, in duo con Alessandro Specchi, «La Campanella»: strabiliante versione per violino e pianoforte della terza parte del Concerto n.2 op.7 del grande Niccolò.