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I Csi dei carabinieri segugi di laboratorio

Carabinieri eseguono i rilievi

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Raggi ultravioletti, polveri magnetiche e adesso fasci di luce colorata che usando gli occhiali giusti mostrano tracce criminali che prima rimanevano nell'invisibile. Sono gli strumenti hi-tech dei carabinieri stile Csi del Comando provinciale di Roma guidato dal colonnello Maurizio Detalmo Mezzavilla. È un pool di circa trenta uomini divisi in quattro squadre della sezione Rilievi tecnici del Nucleo investigativo di via In Selci, punta di diamante del Reparto operativo. Sono specialisti che giocano a scacchi contro il male. Analizzando il molto piccolo fino al microscopico inseguono la mossa sbagliata, la traccia "regina" che porta al responsabile. E, indagando nel minuscolo, gli investigatori in tuta bianca danno un contributo gigante. Nel 2006 hanno risolto il duplice omicidio al Residence Bravetta, trovando una piccola goccia di sangue su una sdraio gettata tra i rifiuti. Nel 2009 hanno scovato le quattro belve di Guidonia che a turno stuprarono una ragazza e chiusero nel bagagliaio dell'auto il fidanzato: disegnarono il volto di uno di quei demoni, poi individuato dai segugi dell'Arma sguinzagliati nella Città dell'Aria. E ancora, di recente, hanno incastrato rapinatori di banca seriali, partendo da frammenti di immagini. Sono cacciatori. Come il comandante della sezione, il tenente Sergio Galfo. Quarant'anni, padre di una bimba, indossa la divisa da quando ne aveva venti. Ha fatto il carabiniere in Abruzzo. Poi è passato nello Squadrone eliportato cacciatori per catturare sequestratori e latitanti. Sono in Sardegna e Calabria, dov'è stato Gualfo per sei anni, occupandosi dei rapimenti Melis, Sgarella, Soffiantini, e mettendo i ferri a diversi latitanti nelle liste dei 30 e dei più pericolosi. Trasferito a Roma, ha fatto l'istruttore di tiro alla Scuola Ufficiali; nel 2004 ha lavorato alla sezione Omicidi di via In Selci e dal 2008 dirige la Rilievi tecnici. Le quattro squadre hanno specializzazioni diverse: sopralluoghi (i primi a scandagliare la scena del crimine), supporto di mezzi tecnici, identikit e laboratorio fotografico. Tra i nuovi arrivi ci sono il sistema per acquisire impronte digitali e il «Crimescope». Il primo apparecchio non commette errori. Scruta un'impronta rilevando anche le piccole linee di mano o polpastrello. Lo scanner fa lo stesso pure se l'impronta è stata fotografata. La macchina rivela i suoi vantaggi soprattutto quando legge le foto di tracce dattiloscopiche. L'esempio è quello di un criminale che ha toccato un foglio di carta. Particolari polveri - come quella magnetica - si addensano sulle invisibili particelle d'acqua rilasciate dalle pelle, disegnando il negativo dei solchi cutanei. L'immagine che ne viene fuori è fotografata e passata allo scanner. Il Crimescope invece è una lampada che emettendo luce ad alta frequenza, di colore diverso a seconda del filtro usato, mette in rilievo tracce su superfici che prima erano insondabili. Come quelle metalliche della cassaforti o le buste di plastica. La squadra identikit ricorda il vecchio lavoro del disegnatore: ascolta le descrizioni che la vittima fornisce dell'aggressore e ne ricava un volto. Ora fa lo stesso, ma col computer. I connotati sono anche misure: distanza degli occhi, altezza della fronte, importanza del naso e altro. Dati antropometrici che vengono inseriti nella banca dati dei fotosegnalati tirando fuori le immagini di coloro che corrispondono all'identikit. Materiale poi confezionato dal laboratorio fotografico, per organizzare un fascicolo di documenti che metterà il magistrato in grado di guardare quello che non ha visto: la scena del crimine.

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