I rullini sviluppati la notte stessa dalla Scientifica
.Dal ritrovamento del corpo senza vita di Simonetta Cesaroni all'arresto di Pietrino Vanacore. La notte del 7 agosto 1990, nella stanza dell'appartamento al secondo piano dove giace Simonetta, i poliziotti della Scientifica sono al lavoro. Posizionano le lettere intorno al cadavere. «A» sul lato destro; «B» su quello sinistro. Foto drammatiche. Simonetta è seminuda: indossa solo dei calzini bianchi. Il top e il reggiseno arrotolati all'altezza del diaframma. Le pugnalate hanno lasciato segni evidenti. La maggior parte delle ferite sono concentrate sul pube. Il volto è tumefatto. I fotografi della polizia scientifica riprendono il cadavere da tutte le posizioni. Scatti a colori e in bianco e nero. Prendono impronte ovunque nell'ufficio. Smontano la porta della stanza. Ma troppa gente ha violato la scena del crimine. In quella stanza, dalle 23.30, sono entrati nell'ordine: Salvatore Volponi, Paola Cesaroni e il fidanzato. Almeno sei agenti delle «volanti». Un funzionario della Squadra mobile, due ispettori e il medico legale. Ma prima altri avevano varcato quella porta. Sicuramente Pietrino Vanacore che, come ha confermato durante il processo il pm Ilaria Calò, è entrato nel pomeriggio nell'ufficio quando la ragazza era già morta. Le foto di quella drammatica scena vengono sviluppate quella notte stessa nel gabinetto della «Scientifica» al quarto piano di via San Vitale, sede della Questura. La stampa prende un po' di tempo. Per questo Raniero Busco, il fidanzato di Simonetta, condotto negli uffici della Squadra Mobile alle tre di notte, viene interrogato solo all'alba. Un po' per tenerlo sulle spine: in quel momento è sospettato. Viene fatto spogliare: non ha segni di ferite, graffi o altro. Quando viene fatto sedere davanti al funzionario della Seconda sezione della Mobile, Raniero è agitato. È stato prelevato al lavoro a Fiumicino nell'hangar Alitalia dove lavora all'officina motori. Ha saputo della morte di Simonetta. Gli vengono sbattute in faccia le foto del cadavere della sua fidanzata. I seni nudi e il pube trafitti. Il volto deturpato dalle botte e da segni di coltello. Raniero Busco piange sommessamente ma continua a ripetere che non c'entra nulla. Fornisce un alibi che non verrà trascritto, ma resta nella memoria degli investigatori che poi lo riscontreranno senza metterlo in dubbio. Le indagini puntano a quel condominio in Prati, pieno di omertà e di uscite secondarie. Gli investigatori tornano per giorni sulla scena del crimine, ma già la mattina dopo qualcuno si è dato da fare per ripulire tutto l'appartamento come documenta la foto - archivio de «Il Tempo» - che pubblichiamo, scattata alle 12 dell'8 agosto 1990.