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Avevale idee ben chiare Nam June Paik (Seoul 1932-Miami 2006), il primo video-artista della storia dell'arte. Nelle sue opere, figlie al tempo stesso del misticismo orientale e della razionalità occidentale, la tecnologia mantiene sempre un volto umano. Lo si vede bene nel quarto appuntamento della Fluxus Biennial, curata da Achille Bonito Oliva e presentata nell'Auditorium Parco della Musica, con la mostra dedicata proprio a Paik. Tre sono le opere che rivelano pienamente la poetica di questo sciamano televisivo. In «Candle TV-Buddha» una statuetta di Buddha sembra contemplare ipnoticamente una candela accesa nella carcassa di una vecchia televisione sfondata. Con «Cage in Cage» Paik rende invece omaggio al suo principale punto di riferimento, il compositore John Cage, e con un gioco di parole chiude una piccola videocamera che trasmette una sua performance in una gabbia, «cage» in inglese. Infine, nella videoinstallazione «Homage to Pythagoras» la disposizione rigorosamente geometrica e ordinata degli schermi televisivi contrasta con il ritmo martellante delle immagini frantumate e dei suoni caotici. Così, entrando nel linguaggio televisivo come un infiltrato, Nam June Paik voleva liberarci dal dominio del sistema mediatico per riconquistare una spiritualità comunque connessa al nostro tempo. La sua operazione critica avveniva dall'interno con una forte componente giocosa. E ci è utile oggi più che mai.

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