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I dubbi del giurista e dell?inquilino più famoso di via Poma

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MaurizioCostanzo, che vive nello stesso complesso di Via Poma dove è stata assassinata Simonetta Cesaroni, a poche ore dalla sentenza che potrebbe condannare al carcere a vita Raniero Busco, esprime quelli che probabilmente sono i dubbi di tanti. «Era il 1990. Io sono andato a vivere a via Poma con mia moglie l'anno dopo l'accaduto. È incredibile - osserva Costanzo - l'idea che uno debba andare a ricercare prove dopo dieci, undici anni. Ha senso un ergastolo dato venti anni dopo? Siamo sicuri che le prove siano tali, vent'anni dopo, da consentire la pena dell'ergastolo? Non lo so, staremo a vedere. Se è vero - aggiunge - il conto si deve sempre pagare». Tra l'altro, ricorda il giornalista, «c'è anche un altro morto, Pietrino Vanacore, il famoso portiere di via Poma che si è tolto la vita qualche mese fa». Vanacore aveva anche scritto una lettera a Costanzo «Sì - ricorda lui - quando era andato via da Roma, mi ha scritto che si ritirava, che andava a vivere in Puglia perché erano stati pesanti quegli ultimi anni. Me ne sono ricordato - conclude - perché quando si è tolto la vita hanno trovato una minuta di questa lettera tra le sue carte». La Corte alla fine ha condannato Busco a 24 anni. Ma il dubbio è comunque valido. Ha senso condannare una persona a 24 anni di carcere, a distanza di più di 20 anni dal momento in cui ha commesso un delitto? Simonetta Cesaroni, la giovane impiegata dell'Aiag è stata massacrata con 29 coltellate nell'ufficio dove lavorava in via Poma, il 7 agosto 1990. Più di 20 anni, dunque, sono passati da quel delitto. E ora la III Corte d'Assise della capitale ha condannato l'unico imputato a 24 anni. Non è l'ergastolo, come aveva chiesto il pubblico ministero, ma è comunque una condanna pesante che riguarda un uomo che nel frattempo si è costruito una vita, si è sposato, ha avuto due figli. Una condanna che solleva interrogativi di natura universale che vanno oltre la vicenda specifica, e ai quali non si sottrae Eligio Resta, ordinario di Filosofia del diritto all'Università Roma 3 ed ex componente del Csm. «È in genere una cosa dibattuta molto all'interno della cultura giuridica» ammette Resta. «Chi ha commesso un fatto 20 anni fa - spiega - è sicuramente diverso dalla persona che ora viene giudicata». E quindi?: «Bisogna fare come diceva Musatti: tapparci il naso e far finta che sia la stessa persona. Musatti sapeva che l'identità di chi ha commesso un fatto delittuoso e di chi viene giudicato è molto diversa. Per il diritto dobbiamo far finta che sia la stessa persona». Cesare Ludovico Musatti, nato a Dolo nel 1897 e morto a Milano nel 1989, psicologo e psicoanalista, è considerato il fondatore della psicoanalisi italiana. La presidente Evelina Canale ha deciso di non tenere in considerazione le sue teorie condannando Busco. «È tutto molto complicato - aggiunge Resta - vedremo cosa succederà negli altri gradi del processo». Ma è giusto che un uomo sia condannato dopo tanto tempo? «Bisogna guardare le carte, valutare i riscontri probatori e io non ho gli strumenti per farlo. In linea di massima ritengo che se ci sarà il ricorso gli altri gradi di giudizio potranno accertare meglio la verità processuale. Si tratta in ogni caso di verità processuale e non storica o fattuale» conclude.

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