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De Lillo medita lo strappo: il Pdl romano faccia chiarezza

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Larevoca dell'assessorato comunale all'Ambiente a Fabio non è andata giù al fratello Stefano, senatore del Pdl, e agli eletti del gruppo, che ora vogliono chiarezza sul Pdl romano. Altrimenti lo strappo sarà inevitabie. «Siamo stanchi di solidarietà a parole. Ora attendiamo i fatti. E allora mi appello al presidente Berlusconi affinché permetta al popolo di amici e militanti che è a me vicino di far politica nel Pdl di Roma», tuona Stefano De Lillo nel corso della conferenza stampa a Palazzo Madama. De Lillo dice di aver incontrato domenica «decine di consiglieri municipali e quadri politici di tutta la provincia» e di averne raccolto «l'insofferenza verso la politica del Pdl romano». Ne è emersa la «volontà di reagire in maniera netta e radicale». Alle voci di chi lo dava in uscita non solo dal Pdl romano, ma anche dal gruppo al Senato, De Lillo replica: «La mia è una storia di coerenza e di fedeltà. In questi giorni dai dirigenti nazionali del partito ho avuto ascolto e solidarietà. Ogni decisione sarà concordata con il mio gruppo. Ringrazio comunque Gasparri, Quagliariello e Rampelli (presente alla conferenza stampa ndr)». Sul futuro Stefano De Lillo è netto: «Oggi comincia un periodo di verifica della possibilità di esprimere la passione per la politica nel Pdl. Un'analisi urgente che si concluderà presto e sarà accompagnata da una serie di iniziative politiche». «Non è un problema di incarichi e ruoli - precisa De Lillo, che smentisce ipotesi di avvicinamento all'Udc o a Fli - Ancora una volta una parte del Pdl romano, come già alle regionali, ha tradito Berlusconi». Stefano De Lillo attacca poi frontalmente il sindaco Alemanno: «Intrighi, doppi giochi, tradimenti, incontri notturni, campagne acquisti di consiglieri, accordi di palazzo, prevaricazione, sete di potere. Berlusconi incontrando il sindaco gli aveva ribadito la volontà di salvaguardare l'assessore Fabio De Lillo, che ha operato bene». Ma alla fine Fabio (che parlerà domani in conferenza stampa) è stato fatto fuori. «Alemanno - sostiene De Lillo - con un clamoroso autogol, si è comportato come un allenatore che cambia i giocatori senza il consenso di presidente ed elettori-tifosi. Ci aveva incontrato giovedì pomeriggio in Campidoglio e ci eravamo lasciati con la volontà di ritrovarci. Ma nella notte in un incontro segreto, ha chiuso un accordo con alcuni soggetti di cui è ignota l'identità. Però la palla è rotonda - aggiunge il senatore - temo per Alemanno che prima o poi il presidente e i tifosi si stufino e decidano di cambiare l'allenatore». Quello che è avvenuto a Roma è «un tradimento della democrazia elettiva e del volere popolare. Ma anche un tradimento personale». Il senatore racconta il proprio rapporto con Alemanno, cementato da anni di battaglie politiche all'Aurelio: «Sono nauseato e amareggiato. Mio fratello è in Campidoglio da tre consiliature, al contrario di tanti altri non ha ceduto alle sirene della sinistra quando governava Veltroni. Nel 2008 ha avuto 10 mila voti. E viene eliminato da fuoco amico. Il sindaco ora dice che mio fratello Fabio non ha rappresentanza in Consiglio. La realtà è che Alemanno in persona ha telefonato nei giorni scorsi a un consigliere comunale disposto a supportare Fabio, per dirgli di non farlo». Dan. Dim.

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