Non fece salire rom «armati» di bombole a gas. Licenziato
Ipasseggeri gli avrebbero dato un premio per la sicurezza. Invece ha perso il lavoro. Un collega lo ha aggredito verbalmente accusandolo di razzismo. E dopo avergli dato un appuntamento fuori dalla sede di lavoro, gli è venuto incontro minaccioso con un blocca pedali mentre era in compagnia del figlio sedicenne e lo ha colpito alla testa. Morale: Sergio Curatolo è da quasi 4 anni senza lavoro. A ripensarci oggi, visto come è andata, forse questo padre famiglia di 48 anni, con tre figli adolescenti, uno portatore di handicap, non si comporterebbe con tanto senso di responsabilità. Eppure aver tirato dritto alla fermata di via Candoni, il campo nomadi modello dove anche oggi può succedere di tutto, quel giorno fu la cosa giusta. Ma è andata come andata. Ci si è messo anche il collega che lo ha accusato di razzismo. E tutto si è complicato maledettamente. Oggi l'ultima speranza di essere reintegrato all'Atac, dopo 18 anni di onorato servizio, è affidata all'udienza del 22 marzo, quando rappresentato dagli avvocati Arturo Principe e Federico Ianaro, la storia di Curatolo, unica fonte di reddito per la sua famiglia, sarà al vaglio del giudice del lavoro del tribunale civile di Roma Boghetich. Il pomeriggio dell'11 giugno 2007 Curatolo era alla guida di un autobus della linea 719, che va dalla rimessa Magliana a via Candoni a piazzale Partigiani. «Erano le 15.46 - racconta - mi preparavo a partire dal capolinea di via Candoni quando alla prima fermata notavo la presenza di alcune persone di etnia rom in attesa del bus, con un carrello della spesa con una bombola del gas». Curatolo avverte il collega sul bus seguente che «non avrei effettuato la fermata per ovvi motivi di sicurezza». Ma arrivati al capolinea di piazza dei Partigiani ecco la sorpresa. «Sceso dal bus quel collega mi viene incontro e mi aggredisce con insulti rimproverandomi di non aver fatto salire i rom alla fermata. E mi informa di avermi fatto rapporto perché non mi ero fermato. Un passeggero mi è testimone». Ma il peggio è in agguato. «Alle 18 smonto dal servizio a via Candoni - continua Curatolo - e vado dall'ispettore di turno per dare spiegazioni sull'accaduto. Mi avvio al mio scooter per tornare a casa, il collega mi si avvicina. "Se hai le palle ci vediamo fuori". Io accetto convinto di chiarire con le buone. Tanto che vado a prendere mio figlio, allora sedicenne, all'uscita della palestra. Sulla strada di casa, all'incrocio tra via Candoni e la Magliana, avverto mio figlio che dovevo chiarire una certa cosa con un collega e lo invito a sedersi sulla panchina. Eccolo che arriva in auto, scende minaccioso brandendo un blocca pedali, minacciandomi di colpirmi. Mio figlio vede la scena, si precipita in mio aiuto e viene colpito violentemente sul capo. Io intervengo per separarli. Ed eccoci qui: mio figlio ha subito un intervento chirurgico con la ricotruzione dell'osso cranico. Io ho perso il lavoro.G. M. Col.