Lungolago abbandonato

ChiaraRai CASTEL GANDOLFO Il lungolago di Castel Gandolfo ridotto a favelas. Un angolo dimenticato dalla civiltà dove i cittadini si sentono smarriti, abbandonati a se stessi. Eppure si tratta di un patrimonio naturale vulcanico unico nel Lazio, sede di quella che fu la più antica città latina della provincia. I castellani che ci vivono, sono stanchi dei rifiuti abbandonati, dei cassonetti che straripano, dei bagni pubblici inutilizzabili e dei massi che cadono dai costoni e precipitano sui parcheggi. Qualcuno addirittura ha tentato il gesto estremo e fuori dalle righe, di scrivere al Santo Padre, chiedendo di mettere fine a una situazione che sembra ingnorata da tutti. Giampiero Tofani, che a Castel Gandolfo ci vive, ha spedito nel dicembre scorso la lettera al Pontefice affinché la sua preghiera sia ascoltata. In effetti, si tratta pur sempre della città Vaticano II, che vanta un centro storico cittadino ben tenuto. Abbandonato a se stesso, il paesaggio che si affaccia sul lago, invece, è oggi lo specchio dell'incuria. Non ci sono bagni pubblici utilizzabili perché chiusi a chiave e invasi dalle sterpaglie. «Per il Comune dovrei fare i bisogni per strada - dice Remo - o peggio ancora mettermi a bussare alle case private per chiedere di poter utilizzare il wc. Persino nel nuovo parcheggio interrato di piazza Cavallotti, in centro, non sono aperti». Per i disabili utilizzare i bagni pubblici è impossibile: oltre che chiusi a chiave, in piazza Cavallotti, ci sono scale e porte larghe appena 70 centimetri. Un altro cittadino, Vincenzo indica l'ultimo macigno franato dal costone sul lungolago. «Poteva morire qualcuno - dice Vincenzo - Lungo via dei Pescatori i bambini ci giocano». Giancarlo, frequentatore che parte da Ciampino per passeggiare sul lago mostra le macchine parcheggiate ovunque e il degrado. «Un tempo non c'era questo spettacolo selvaggio - dice - c'erano i vigili, la sicurezza e la cura dell'ambiente, adesso non c'è più nulla».