La ridicola opposizione al Gran Premio dell'Eur
L’opposizione al Gran Premio di Formula 1 all’Eur sta scadendo ormai nel ridicolo. L’ultimo attacco del Pd capitolino al sindaco Alemanno ha provocato la reazione di Renato Mannheimer, presidente della Ispo ricerche. Il sondaggista in questi giorni sta interpellando i residenti del XII Municipio per conto dell’Eur Spa, la società che gestisce il patrimonio immobiliare dell’Eur. Le domande rivolte a un campione di 800 persone riguardano ovviamente il gradimento a un possibile Gran Premio nel quartiere che si potrebbe disputare nell’estate del 2013. Ma alcuni esponenti del Partito democrato non hanno gradito domande accessorie sull’orientamento politico degli intervistati. Ai consiglieri capitolini Masini, Valeriani e Nanni, capeggiati dal segretario romano del Pd Marco Miccoli, non è andata proprio giù, tanto da chiedere ad Alemanno «di spiegare cosa c’entra la Formula 1 con le tendenze politiche dei residenti». La risposta di Mannheimer all’attacco non si è fatta attendere. Il sondaggista ha spiegato il perché di quelle domande: «Si chiama "variabile d’incrocio". Non è importante solo l’atteggiamento generale di ciascun intervistato ma anche l’orientamento politico per vedere, ad esempio, se le persone di centrodestra sono più o meno favorevoli al Gp. E comunque - ha aggiunto - chiedo l’orientamento politico in ciascun sondaggio che realizzo». E pensare che gli stessi democratici, prima di Natale, avevano promosso una specie di referendum circoscrizionale allestendo per le vie dell'Eur gazebi anti-Gp con tanto di bandierine del Pd. L'iniziativa, pur raccogliendo circa duemila firme, non ha convinto per niente l'amministratore delegato di Eur Spa Riccardo Mancini, che ha voluto affidarsi a un vero professionista dei sondaggi. Alemanno in questa storia c'entra poco, tranne che per un 10 per cento di azioni della società Eur Spa detenute dal Comune (il restante 90 per cento di Eur Spa è del Ministero dell'Economia). La decisione di affidare a Mannheimer un sondaggio sul Gp di Roma, ammette Mancini, nasce dalla gran confusione che è stata fatta nei giorni scorsi: «Mi sono convinto a commissionarlo dopo l'incontro pubblico con i residenti e le associazioni di quartiere (avvenuto il 21 dicembre nella sala Quaroni, ndr). Ho avuto l'impressione che il coro dei no fosse dettato più da argomentazioni politiche che pratiche». Mancini, non Alemanno, come sostiene invece il Pd. E nemmeno il presidente dell'Fg Group Maurizio Flammini, che pure ha commissionato sei mesi fa un sondaggio di tasca sua ottenendo pareri favorevoli. Alemanno, in questa storia, c'entra poco, forse troppo poco, tanto che Flammini sembra ormai l'unico a lottare veramente per realizzare un sogno in cui ha già investito qualche milione di euro. L'idea del presidente di Federlazio in due anni è cresciuta diventando più che un progetto. Peccato che sul fronte burocratico il Comune non sia riuscito a mettere il turbo. Il Gran premio può essere veramente una svolta per l'Eur e un volano per l'economia romana. I numeri li sappiamo, le centinaia di milioni di investimenti che può generare tra opere pubbliche e sponsor e il ritorno in immagine per Roma dovrebbero convincere anche i più scettici, compresa l'opposizione in Consiglio comunale. Ma evidentemente il gioco della politica ha altre priorità. Di questi tempi non è facile trovare imprenditori come Maurizio Flammini, che ha deciso di buttarsi dentro questa storia mettendoci faccia e portafogli. Flammini, che pure non è uno sprovveduto, sapeva che il sogno di realizzare una gara di Formula 1 a Roma si sarebbe scontrato con un apparato amministrativo appesantito da una politica urbanistica pericolante. Una materia, l'urbanistica, che con le quattro ruote apparentemente non c'entra niente ma che in questo caso è la vera protagonista del progetto. Il perché è semplice. La Formula 1 all'Eur ha senso solo se il quartiere guadagnerà grandi infrastrutture. E per far questo bisogna ridisegnare il Prg, un bocconcino succulento anche per Regione e Ministero dei Beni culturali. Certo Flammini non poteva immaginare che quello spezzatino politico che ha trasformato Alemanno in un uomo costretto a difendersi dai suoi stessi compagni di partito, potesse finire per paralizzare la Capitale. Ieri, intanto, mentre il sindaco telefonava al presidente della Commissione Sportiva Automobilistica italiana (Csai), Angelo Sticchi, per congratularsi dell'ok all'ipotesi di un secondo Gran Premio di Formula 1 in Italia, il patron dell'Fg Group Flammini, reduce dagli ultimi assalti di politici e carta stampata, riuniva i suoi sul da farsi. Una riunione fiume durante la quale lo stesso Flammini potrebbe aver messo per la prima volta in discussione la sua impresa. Anche la pazienza, del resto, ha un limite.