La carica dei grandi vecchi
diTIBERIA DE MATTEIS «A tavola non si invecchia» dice la saggezza popolare, ma ormai sappiamo quante controindicazioni abbia il cibo per la nostra salute. Un luogo che, invece, garantisce davvero l'elisir di lunga vita è il teatro, un'arte millenaria e tuttavia sempre giovanissima che riesce a captare gli umori e i sapori della società e renderli immediatamente condivisibili. Gli attori migliorano nel tempo come il buon vino e attingono alla sapienza dell'età per donare ai personaggi caratterizzazioni e sfumature meditate nel corso di una vasta e importante esperienza di vita. Una meravigliosa testimone di come si possa dedicare la propria esistenza alla recitazione senza mai stancarsi e coltivando con grazia e levità il patto di fiducia con il pubblico è Franca Valeri, novant'anni compiuti il 31 luglio e ancora un'immensa voglia di raccontarsi. Superati i sessant'anni di carriera, viene celebrata al Valle con una monografia interamente riservata alla sua costanza nel mantenere vivo il dialogo con gli spettatori delle più diverse generazioni. La rassegna si inaugura stasera con la prima nazionale di «Non tutto è risolto», suo ultimo testo, in cui incarna, in chiave quasi autobiografica, un'anziana e brillante signora un po' attempata, con repliche fino al 23 gennaio. «Mi sono egoisticamente aggiudicata una protagonista che al crepuscolo di una vita lunga e avventurosa, reale quanto inventata, sembra decisa a chiudere le sue partite ancora aperte con gli ultimi protagonisti della sua esistenza, siano essi persone, luoghi o oggetti. Basta anche una piccola mossa all'accanito giocatore, per restare, ancora, appunto, in gioco», è il commento dell'autrice-attrice che qui affronta il tema di una vecchiaia capricciosa e caparbia, unito a quello di una memoria strumentalmente lacunosa per lenire o differire il sentimento di una possibile, incipiente fine: si sparge e diffonde così una musica sottilmente malinconica tra le pieghe di una commedia divertente e garbata, ma anche ricca di coloriture fascinose e sfuggenti. Ad affiancarla sul palco saranno anche Licia Maglietta, Urbano Barberini e Gabriella Franchini per la regia di Giuseppe Marini. L'intramontabile artista sarà poi nella triplice veste di autrice-interprete-regista nel suo cavallo di battaglia «La vedova Socrate», dal 25 al 28 gennaio, e verrà omaggiata con la serata «Avrei voluto essere un mezzosoprano», che ripercorrerà il 29 gennaio la sua attività lirica, e con l'appuntamento del 30 gennaio «Io e il cinema, una ben strana coppia» che narra la sua passione per il grande schermo a partire dalla proiezione del film «Parigi, o cara!» del 1962. I segni del tempo non intaccano neppure il funambolico talento di Paolo Poli, classe 1929 e una forma sempre agile e smagliante, che gioca con la sua età come se fosse uno dei tanti sgargianti costumi indossati sulla scena. Il suo nuovo viaggio teatrale è «Il mare», ispirato ai racconti di Anna Maria Ortese composti fra gli anni Trenta e Settanta, in scena da oggi al 6 febbraio al Teatro Eliseo. Sono storie quasi senza storia che dipingono una realtà tragica come attraverso un sogno e spesso sono state paragonate al fantastico viaggio dantesco nell'aldilà, ma a una rilettura odierna sembrano piuttosto rievocare la teatrale tenerezza del Tasso o la cinematografica leggerezza dell'Ariosto. Gli avvenimenti narrati sono visti attraverso il ricordo struggente: l'infanzia infelice e tuttavia radiosa, l'adolescenza insicura, eppure traboccante, l'amore sfiorato, ma mai posseduto attraverso sentimenti che ricordano il dispettoso rifiuto di Kafka e le illuminazioni improvvise di Joyce. L'attore traghetta nelle differenti epoche dell'esistenza umana riuscendo a materializzarle tutte a dispetto dei suoi anni e di ogni personale appartenenza. Prendono corpo figure e figurine di una Italietta arrancante nella storia in cui le canzonette fanno la parte del leone. Le scene del grande Luzzati enfatizzano la pittura novecentesca, mentre i costumi fantasiosi di Calì sorprendono ancora una volta e le musiche di Perrotin persuadono arditamente. L'arte scenica contagia i suoi protagonisti e la sua eterna giovinezza si trasmette anche al pubblico.