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C'è un colpevole per la morte di Alessandro Bini, il baby calciatore di 14 anni del Bettini Cinecittà che tre anni fa perse la vita andando a sbattere contro un rubinetto di un irrigatore ai bordi di un campo di calcio all'Arco di Travertino

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Ieriè arrivata la condanna in primo grado per Sandro Silvestri, il commissario fiduciario della Lega nazionale Dilettanti per il Lazio. Silvestri era il funzionario che nel 2005 effettuò il sopralluogo per l'omologazione del campo di calcio dell'Almas in via Demetriade dove tre anni dopo morì Alessandro sotto lo sguardo dei genitori Claudio e Delia. Silvestri è stato condannato a un anno e sei mesi anche se la pena è stata sospesa. Il pm Giuseppe Cascini aveva chiesto il doppio: tre anni e otto mesi. Ai genitori però questo non interessa. Per loro è una vittoria. Alla lettura della sentenza del giudice Annamaria Planitario, la mamma di Alessandro tira finalmente un respiro di sollievo: «Chiedevamo solo una condanna. Ci interessava che fosse accertato che qualcuno ha sbagliato. Che nostro figlio non è morto per caso». Dalla morte del figlio, Claudio e Delia conducono una battaglia quotidiana affinché non si ripeta mai più una tragedia del genere. Hanno creato un'associazione che porta il nome di Alessandro. La madre è presidente di questa onlus che si batte per portare sicurezza nello sport. «Nessuno mi ridarà mai mio figlio - dice emozionata - Quello che contava non è che quella persona andasse in carcere o meno, ma che sia stata accertata la sua responsabilità». Alessandro il 2 febbraio 2008 morì sul colpo. Stava cercando di intercettare un pallone quando finì contro quel tubo di irrigazione che lo colpì in pieno torace. Poco prima della partita aveva confidato alla mamma: «Questa volta non voglio perdere, lotterò fino in fondo per vincere». Inutile tentare di rianimarlo, il cuore smise di battere in un attimo. La sentenza di ieri stabilisce che quel rubinetto non sarebbe dovuto essere lì. La distanza minima prevista per legge è di un metro e mezzo dai lati del campo. La maniglia contro cui finì Alessandro, invece, era a soli 70 centimetri. Allora fu indagato anche Attilio Massolo, il presidente dell'Almas calcio, la squadra padrona di casa che ospitava il Bettini Cinecittà di Alessandro. Massolo, però, è morto due anni fa. Il padre Claudio sottolinea l'importanza di questa sentenza: «Da oggi cambiano le cose, di qui in avanti chi svolge questo lavoro dovrà vigilare con attenzione». La mamma Delia però assicura: questa battaglia non finisce qui. «Le cose non sono ancora cambiate - dice - avete visto cosa è accaduto qualche giorno fa nella partita del Milan a Dubai? L'attacante Robinho è andato a sbattere contro una telecamera a bordo campo. È la stessa cosa che è accaduta a mio figlio, solo che il giocatore del Milan è stato più fortunato e ha battuto una gamba». Alla fine i genitori di Alessandro si stringono in un abbraccio: «Non cercavamo vendetta, ora ci auguriamo che il Coni e la Figc rivedano l'intera normativa sulla sicurezza degli impianti e che si affidino a tecnici specializzati per l'autorizzazione a giocare su certi campi». Una battaglia che non attenua il dolore ma che cerca di migliorare il futuro.

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