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Giulia Bianconi Sottoporsi a dialisi spesso è un calvario.

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Peri settantacinque pazienti affetti da insufficienza renale che frequentano la Diagest, l'unità di dialisi decentrata della Asl RmA di via Roncinotto, a due passi da Piramide, è diverso. Il centro per loro è come «una seconda casa». Giulia, 73 anni di Roma, è in terapia da un anno e mezzo alla Diagest. «Questo è un ambiente sereno. Mi trovo molto bene qui». Anche Pina la pensa allo stesso modo. Viene da Bagni di Tivoli, dove a giorni alterni un pulmino la passa a prendere e poi la riporta a casa. «La terapia è un po' come avere un lavoro part-time – spiega – ma venire qui è diverso. Quasi ti dimentichi di dove sei». Monica è di Rignano Flaminio. Ha 23 anni e dal 2008 si sottopone all'emodialisi. Attualmente è disoccupata. Ma in passato ha fatto la barista. «Mi piacerebbe tornare a lavorare – racconta mentre, stesa sul letto con indosso un pigiama, mangia un panino – Lo potrò fare solo dopo il trapianto». La Diagest, inaugurata dieci anni fa, è stata la prima clinica, allo stesso tempo sia privata che pubblica di Roma, nata sulla base di una legge regionale del 1996. Attualmente sono circa trenta le persone tra medici, infermieri e ausiliari a lavorare nella clinica. Diciotto i posti letto, di cui due in una sala riservata a portatori di epatite B. A credere in questo progetto è stato il dottor Carmelo Alfarone, responsabile del centro. «Dovrebbero essercene di più di strutture come questa, l'ho detto anche alla governatrice Polverini quando è venuta a farci visita a dicembre – racconta il medico – Il controllo da parte dell'azienda sanitaria pubblica permette a una clinica privata di funzionare al meglio e di utilizzare le apparecchiature di ultima generazione e le corrette strumentazioni».

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