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Ostacolati i soccorritori

Il dirimpettaio che ha aiutato il maresciallo nell'incendio a Tor Tre Teste

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«Le autoscale dei vigili del fuoco non riuscivano a passare, i percorsi interni al comprensorio sono troppo stretti, la tragedia si poteva evitare». Due giorni dopo la morte del maresciallo dell'Aeronautica Massimo Catalani, 53 anni, nell'inferno scoppiato la notte di Capodanno nella palazzina della scala A di via Gaetano Ermoli 8, a Tor Tre Teste, divampa la rabbia degli inquilini dei quattro stabili Enasarco. La mattina del 15 hanno convocato un'assemblea per decidere il da farsi. Primo atto d'accusa contro le presunte irregolarità strutturali. «A ridosso dei marciapiedi - dicono i residenti - sono stati piantati dei paletti per impedire il parcheggio delle auto. Risultato? I mezzi dei pompieri sono rimasti all'ingresso, la scala per raggiungere il maresciallo è arrivata troppo tardi». E ancora. «Cercando di gettare acqua sul poveretto che aveva una spalla e i capelli in fiamme - denuncia Antonio - due ragazzi hanno preso la manichetta dell'acqua sistemata all'ingresso della scala ma il tubo non era lungo abbastanza e secondo le disposizioni di sicurezza - aggiunge - il tubo deve arrivare da una manichetta all'altra». A confermare la versione è uno dei due ragazzi - Alessandro e Daniele, entrambi di 31 anni - che hanno tentato di salvare il poveretto: «Il tubo era corto», ribadisce Daniele. Non è finita. «Il garage sotterraneo - proseguono i residenti - sono ex cantine diventate posti macchina». Ieri le due famiglie (nove persone) sfollate residenti di fronte alla vittima e nell'apparamento corrispondente al primo piano sono state ospitate dalla Protezione civile del Comune nell'hotel «L'angolo di San Pietro» sull'Aurelia.

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