Pacco bomba all'ambasciata greca
Torna l'incubo pacchi bomba nella Capitale. Ancora chiodi, bulloni e polvere pirica in una busta gialla pronta a scoppiare in mano a un dipendente di un'ambasciata. «L'ordigno non è esploso per puro caso», hanno spiegato gli investigatori una volta disinnescato il plico scoperto nella sede diplomatica della Grecia, in via Rossini, ai Parioli. Ma quella di ieri è stata una giornata di continui allarmi in numerose ambasciate: Principato di Monaco, danese, svedese, Venezuela, Danimarca, Kuwait, Finlandia, Albania, Egitto e Slovenia. In tutti questi casi gli esperti dei carabinieri e della polizia hanno verificato che si trattava soltanto di regali di Natale: all'interno c'erano agende, telepass, bottiglie di spumante, libri e calendari. Il pacco bomba nella sede greca era invece costituito da una busta gialla, di quelle utilizzate per imballare oggetti fragili, contenente un porta cd con un innesco a strappo. Pure in questo caso gli inquirenti seguono la pista anarchica, anche se il pacco bomba ancora non è stato rivendicato: l'ambasciata greca, però, era stata nominata nella rivendicazione del Fai, la federazione anarchica informale. La stessa che il 23 dicembre si è acquisita la paternità dei pacchi bomba che sono esplosi in mano ai dipendenti delle ambasciate di Svizzera e Cile, ferendone gravemente uno dei due. L'ordingo che ieri mattina non è esploso soltanto per caso, secondo quanto riferito anche dall'ambasciatore greco Mikhalis Campanis, era arrivato nella sede venerdì scorso. Ma è stato aperto solo ieri a causa delle festività natalizie. Sul fronte investigativo, comunque, la procura di Roma è intenzionata a portare avanti un unico procedimento penale per quanto concerne i pacchi bomba recapitati in diverse ambasciate di Roma. Un solo fascicolo in cui il procuratore aggiunto Pietro Saviotti, coordinatore del pool dell'antiterrorismo, ipotizza il reato di attentato con finalità di terrorismo. Gli inquirenti, infatti, ritengono che l'invio di questi pacchi bomba abbia un'unica regia, quella del Fai. In merito ai ritrovamenti di ieri, al palazzo di Giustizia si sottolinea che il dato delle diverse date dipenda dal servizio postale che riprende a regime dopo le feste e dai suoi tempi di consegna. Per questo da diversi giorni le sedi di numerose ambasciate sono sotto controllo. E la convinzione degli inquirenti è che ce ne siano altri di plichi bomba in giro per la Capitale e che devono essere ancora recapitati alle ambasciate. Gli investigatori sono adesso a caccia di possibili impronte digitali e stanno cercando di risalire all'ufficio postale dal quale sono partiti i pacchi esplosivi. Per ora sembrerebbe che i francobolli siano italiani e che quindi i plici siano stati confezionati sul territorio nazionale.