De Filippo l'Avaro
diGABRIELE ANTONUCCI Mancano ormai pochi giorni al 2011, anno che sarà caratterizzato dalle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Una data, quella del 1860, che costituisce il perno teatrale della versione «napoletanizzata» de «L'Avaro» di Molière, liberamente adattato da Luigi De Filippo, che debutta stasera al Teatro Argentina. «Da Molière ho preso solo il personaggio e qualche battuta - spiega De Filippo - In realtà ho trasportato l'azione dal Seicento francese al 1860 quando, il 7 settembre, Garibaldi entrò trionfalmente a Napoli». La cornice storica, che ha fatto guadagnare allo spettacolo il logo ufficiale del centocinquantesimo anniversario dell'Unità, è un pretesto drammaturgico per illustrare con ironia e comicità gli splendori, le miserie e le contraddizioni del popolo napoletano. Tematiche centrali anche nel teatro dei grandi Eduardo e Peppino, rispettivamente zio e padre di Luigi De Filippo, che ne ha raccolto il testimone artistico. Uno spettacolo che celebra altre due ricorrenze importanti, gli ottant'anni di vita e i sessanta di palcoscenico di Luigi De Filippo, portati magnificamente. «L'avaro» di Molière è un approfondimento della «Aulularia», una delle più fortunate commedie di Plauto, nel protagonista Arpagone, che ha qualcosa di oscuro e di maniacale, proprio dei personaggi «neri» del grande autore francese. In Molière il gioco teatrale, però, è ancora più irresistibile e vario rispetto a quello di Plauto, dal momento che prevale il lato comico sulla commedia di carattere. Arpagone è odiato dai figli per la sua avarizia ma anche perché vuole sposare la bella e giovanissima Marianna, di cui è innamorato il figlio Cleante. Il furto della cassetta, in cui Arpagone custodisce tutti i suoi beni, risolverà alla fine ogni conflitto familiare. «L'ammirazione per Molière e per la Commedia dell'Arte - sottolinea De Filippo - mi hanno guidato nello scrivere questa rielaborazione di un'opera così attuale ed efficace nel mettere in ridicolo l'avarizia, uno dei maggiori e più sgradevoli difetti della natura umana L'Arpagone di Molière e il Pulcinella della Commedia dell'Arte hanno qualcosa in comune: considerano il denaro come una benedizione ed una maledizione allo stesso tempo, lo gustano come un piacere fisico, quasi come il possedere una bella donna desiderata da tutti». Pur mantenendo una sostanziale fedeltà al testo di Plauto e di Molière, la versione di De Filippo lascia intravedere diversi spunti di attualità sulla fine di un'era e l'inizio di un nuovo periodo storico, quale quello dell'Unità d'Italia. Anche i dialoghi si discostano dall'originale di Molière per il dialetto napoletano, sia pur «italianizzato» per renderlo comprensibile a tutti, che per una comicità tipicamente partenopea. La commedia francese si arricchisce, così, della grande tradizione drammaturgica delle farse di Scarpetta e di Peppino De Filippo, con esiti di grande comicità. Un cambiamento annunciato fin dal prologo della commedia, affidato ad un Lampionaio napoletano che dichiara la fine del Regno dei Borboni, l'arrivo di Garibaldi e l'inizio del Regno dei Savoia. Un giudizio, quello dei napoletani, non sempre concorde sull' «eroe dei Due Mondi». «I napoletani - racconta De Filippo - erano in parte entusiasti e in parte sconcertati. La sera stessa che arrivò in città, Garibaldi apparve ad un balcone, mandò tutti a dormire e disse: "Napoletani, siate seri!". Seri, e perché?». Un evento storico, raccontato con umorismo tipicamente napoletano. In scena accanto a De Filippo, che cura anche la regia, undici attori, giovani e di talento: Marisa Carluccio, Felicia Del Prete, Riccardo Feola, Luca Gallone, Guglielmo Guidi, Marianna Mercurio, Roberta Misticone, Luca Negroni, Paolo Pietrantonio e Michele Sibilio. Le scene e i costumi, fondamentali in una commedia d'epoca, sono di Aldo Buti. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Argentina fino al 16 gennaio, incluso il tradizionale appuntamento del 31 dicembre, per festeggiare insieme al cast l'arrivo del nuovo anno.