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Il meglio di Eduardo nelle mani di Papaleo

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Siavvicinano personaggi di testi diversi che presentano insolite affinità. Arturo e il suo amico Vincenzo, protagonisti di «Filosoficamente», del 1928, l'uno cieco e l'altro fortemente miope, durante una festa a casa di Gaetano Piscopo, impiegato di modeste condizioni economiche, chiedono la mano delle figlie Margherita e Maria di cui si dicono follemente innamorati. I due vengono accostati a Mario Spelta, il protagonista che in «Occhiali neri» (1945), tornato cieco dalla guerra, decide di sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico dal cui esito potrà dipendere non solo il suo futuro, ma anche la felicità di Assunta, la sua fidanzata. In questo spettacolo sono rappresentati per intero solo alcuni testi, mentre di altri vengono realizzate solo alcune scene come «Pericolosamente» (1938), «Sik - Sik, l'artefice magico» (1929), «La voce del padrone» (1932). Insieme alle battute di Eduardo la protagonista è la musica che accompagna i personaggi per tutto l'allestimento: «è un'esigente officina d'amori, odi, rancori, vendette, passioni, umiliazioni e vittorie che aleggiano intorno a chi si presta al gioco delle seduzioni - afferma Giancarlo Sepe - Fare teatro con la musica è una seduzione che trova accoglienza nel cuore dello spettatore, che vede il gesto, le parole e la danza diventare manifestazione di sentimenti. La musica diventa nuovo paesaggio per la nostra perlustrazione emotiva, apre a nuove prospettive, a una rinnovata percezione». Si muovono sul palco, accanto a Rocco Papaleo, Giovanni Esposito, Pino Tufillaro, Elisabetta D'Acunzo, Angela De Matteo, Antonio Marfella, Giampiero Schiano, Antonio Spadaro e Simone Spirito. «Gli atti unici di Eduardo sono sempre stati una lettura basta - spiega ancora il regista - Non li ho mai affrontati per metterli in scena. È come se tutti i protagonisti delle opere più importanti avessero in questi brevi componimenti la loro radice emotiva, il loro pensiero inconfessabile, la loro perversione fatta di gelosia e vendetta. Sembra un affaccio su una viuzza piena zeppa di persone che agiscono mentre la vita scorre dando l'impressione di non aver bisogno di loro. Beckett dice: "non c'è nulla di più comico dell'infelicità" e qui Eduardo parla la stessa lingua».

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