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di CARMINE MASTROIANNI Nella cornice delle «Sale Quattrocentesche» di Palazzo Venezia va di scena la mostra «Caravaggio.

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MichelangeloMerisi torna nuovamente a far parlare di sé a quattrocento anni dalla morte, sulla spiaggia di Porto Ercole all'Argentario, in un allestimento assolutamente inedito e innovativo. «Questa è una mostra diversa - spiega Vodret - non sono esposte delle opere d'arte, bensì un'ipotesi di ricerca tesa a scoprire in che modo il grande pittore elaborava i suoi capolavori». Insomma si è cercato di sbirciare in quella misteriosa bottega romana del Merisi dove nessuno era ammesso, eccetto Cecco del Caravaggio, garzone, allievo e, forse, amante del maestro. «Caravaggio - prosegue la soprintendente - ha rivoluzionato le regole e il modo di dipingere del suo tempo. Non guarda più all'autorevolezza delle opere classiche e dei grandi maestri del passato, ma ne esalta solamente le componenti realistiche che contemporaneamente osserva nel quotidiano. Sceglie i suoi modelli nelle strade, li dipinge con proporzioni al naturale perché siano uguali a noi che li guardiamo. Tutto è rappresentato in primo piano spingendo le figure al limite massimo del quadro». Si svela così il continuum tra lo spazio illusorio del dipinto e lo spazio concreto dello spettatore. Basti solo citare le tante canestre di frutta più volte riprodotte che sempre in bilico oltre il limite del tavolo invitano qualsiasi spettatore a trattenerle perché non cadano. La mostra allora mette in opera quattro ipotesi di ricostruzione delle tecniche esecutive di Caravaggio utilizzando come modelli delle sculture in vetroresina: dalla Canestra di frutta al San Girolamo scrivente, dal Bacchino malato alla Medusa. Ci si potrà letteralmente immergere nel dipinto, accostarsi alle figure, osservare le prospettive e le fonti luminose sfruttate dal pittore facendo ricorso a lenti, fori stenopeici e specchi per la proiezione del soggetto sulla tela. E da non perdere è il cosiddetto «specchio grande», uno schermo di traduzione ottica per ricavare la bidimensionalità della composizione scenica e renderla più facilmente ritraibile. L'esposizione getta nuova luce sulla genialità del Merisi, ma nello stesso tempo dimostra che molti aspetti del suo operato artistico sono ancora sconosciuti e forse rimarranno per sempre tali.

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