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Parentopoli e dimissioni Ora il Pdl vuole una testa

Gianni Alemanno

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Il clima è quello di attesa. La convinzione che la «parentopoli» romana si possa sgonfiare insieme a un probabile voto di fiducia al governo Berlusconi è fortemente diffusa. Il movente squisitamente politico dovuto, secondo lo stesso Alemanno, a possibili impegni nazionali del sindaco, soprattutto in caso di elezioni anticipate, potrebbe venir meno. E con questo gli elenchi degli assunti, prima, durante e dopo la vittoria del centrodestra a Roma potrebbero tornare placidamente nei cassetti. Nell'attesa, ovviamente, di un risvolto delle indagini di Procura e Corte dei Conti. Resta però la questione politica. E non solo esterna. Anzi. Alle dichiarazioni quotidiane del capogruppo del Pd in Campidoglio, Umberto Marroni, di richiesta non solo di un consiglio comunale straordinario su parentopoli (che ci sarà al più tardi a fine gennaio, quando sarà pronto il nuovo codice etico chiesto da Alemanno) ma soprattutto delle dimissioni degli assessori alla Mobilità, Sergio Marchi e all'Ambiente, Fabio De Lillo. Il primo sotto i riflettori non solo perché assessore di riferimento per l'Atac ma anche per l'assunzione della fidanzata proprio nell'azienda del trasporto pubblico. Il secondo tirato in ballo per quella della cognata, moglie del fratello senatore Stefano De Lillo. L'opposizione fa il suo lavoro. Ma anche nelle fila della maggioranza si fa sempre più insistente la richiesta di un «segnale forte» da parte del sindaco. Un segnale da tradurre con le dimissioni almeno di Marchi. Una vicenda così, si dice nei corridoi del Campidoglio, non può essere liquidata con le sole dimissioni del caposcorta. Una pressione alla quale Alemanno sta resistendo ma al rimpasto della giunta ci pensa eccome. Non solo per mantenere l'impegno dell'allargamento a La Destra di Storace ma anche per rispondere a chi, nella sua stessa maggioranza, inizia a chiedere quella svolta che non c'è stata e inizia a suonare l'allarme sui tanti errori commessi. Marchi potrebbe pagare anche una gestione della delibera sul regolamento taxi che ha stizzito, non poco, la stessa maggioranza in Campidoglio. Non a caso l'ultima modifica alla delibera taxi apportata da Marchi in giunta pochi giorni fa, ha fatto infuriare i consiglieri capitolini. «È necessario un chiarimento sul percorso che ha portato una memoria di Giunta a modificare una delibera votata all'unanimità dall'Assemblea capitolina», aveva dichiarato il capogruppo Pdl Luca Gramazio. Un segnale di nervosismo interno, silente da mesi ma che ora con la parentopoli in Atac e Ama, rischia di far saltare più di uno schema. Per questo una parte del Pdl inizia a sfilarsi dal fare quadrato, garantito finora, e a chiedere una nuova giunta. Per molti l'unica soluzione politica a un problema politico. Il giro di boa chiesto ufficialmente dall'opposizione sarebbe insomma «caldeggiato» ufficiosamente da una parte, non secondaria, del Pdl. Al momento però. È tutto fermo. Il destino di Roma, come sempre è legato a quello del Paese. O forse è il contrario.

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