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Il Tridente serrato

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Via del Corso dopo gli scontri

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Il tempio dello shopping desertificato, devastato e vietato per ore a turisti e consumatori. Le rutilanti vetrine natalizie sbarrate e, in qualche caso, mandate in frantumi dai manifestanti. Scene di guerriglia nel salotto buono della Capitale ad appena dieci giorni dalla fine della maratona del regalo da mettere sotto l'albero, commercianti e commessi costretti a blindare gli esercizi e in molti rimasti prigionieri dentro i loro locali con i clienti, alberghi chiusi con lucchetti e catene, come il Plaza di via del Corso, auto date alle fiamme, le strade del Tridente cosparse di detriti, il selciato divelto per lanciare sampietrini alle forze dell'ordine, danni e tanta paura. Una giornata da dimenticare per i negozianti del Centro. La cittadella del potere e del consumo fin dalla mattina è abbandonata a se stessa. Polizia, carabinieri e guardia di finanza impediscono l'accesso a piazza Colonna e Montecitorio con i furgoni raso-muro. L'atmosfera è spettrale, irreale, da day after. Ma ancora non è successo niente. Alla Camera si deve votare la fiducia al Governo e a «soffrire» sono solo gli esercenti che hanno l'attività nel piccolo perimetro proibito. Tutti gli altri lavorano come sempre e non immaginano che cosa sta per accadere. I primi scontri scattano alle 12,45 vicino Palazzo Grazioli, poi si accendono alle 13,30 lungo corso Rinascimento e, infine, un'ora più tardi, è vera e propria guerriglia urbana da largo San Carlo a piazza del Popolo, con un automezzo della Gdf e altre macchine ridotti in cenere, le fiamme che lambiscono l'ingresso dell'Hotel De Russie, i turisti spaventati e disorientati, i commercianti infuriati costretti all'improvvisa serrata nel periodo più proficuo dell'anno. Per molti il black-out dello smercio dura appena un paio d'ore. Quando ancora nell'aria aleggia il fumo acre dei lacrimogeni e quello tossico della plastica bruciata, i forzati dell'acquisto natalizio e i visitatori stranieri percorrono di nuovo via del Corso tra detriti, pezzi di cartelli «sradicati» e usati come bastoni, selci sottratti al manto stradale per essere trasformati in proiettili, vasi delle fioriere spaccati e usati allo stesso scopo, cestoni dei rifiuti di ghisa rovesciati e decine di scarpe da ginnastica spaiate rimaste sull'asfalto: sono quelle perse dagli studenti fermati mentre venivano trascinati via dai «celerini». «Mi è sembrato di stare in un film, solo che ho avuto paura perché sembrava una guerra civile», racconta una commessa. «Fino all'una e mezzo il negozio era pieno», aggiunge una sua collega di Settecamicie. «Abbiamo chiuso alle 14,30 e riaperto alle 16, ma prima e dopo i clienti ci sono stati», riferiscono da Murphy&Nye. «Siamo rimasti senza lavorare un paio d'ore, uno schifo. Non dovevano farli entrare», protesta il titolare di una pelletteria. «Non era una manifestazione di studenti, era tutto programmato per fare gli scontri, erano armati di tondini e bastoni - spiegano i titolari di un bar in via del Corso - Gli studenti contestano la Gelmini, ma non fanno questo...». Ed è proprio un manifestante a replicare: «È vero, sono stati i black-bloc. Loro tiravano i sassi agli agenti e la polizia manganellava noi che non avevamo fatto niente». Ma chi erano questi black-bloc, da dove sono spuntati? «Non lo so - risponde il ragazzo - ma così ci strumentalizzano...». Sarà. Sono le 16,30 e ormai, per fortuna, è finita. La «zona rossa» è di nuovo accessibile. E il traffico commerciale nel Tridente riprende a pieno ritmo, come se nulla fosse successo. La gente torna ad affollare i negozi. Ma alcuni non hanno risollevato le saracinesce e se ne sono andati a casa. Sopra le cancellate sbarrate della galleria Sordi campeggia un cartello che suona come una beffa: «Aperto tutti i giorni dalle 10 alle 22».

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