Le spese pazze delle ex giunte di centrosinistra
In principio fu la Sta spa. Nata da un'idea della giunta Rutelli e dell'allora assessore alla Mobilità, Walter Tocci. La società che si occupava insieme alla Compagnia Romana Parcheggi della gestione della sosta tariffata fu il primo decisivo passo verso il baratro di Atac, la società del trasporto pubblico capitolino che venne via via spacchettata con le due nuove «sorelle», Trambus e Met.Ro. I soldi che i romani pagavano per i parcheggi non solo finivano nelle casse delle società, e solo una minima percentuale nelle casse capitoline, ma tolsero una bella, se non l'unica fetta, di risorse all'Atac che, già in deficit, iniziò la sua corsa verso il vuoto. Accenniamo soltanto alla condanna della Corte dei conti alla Sta, alla Crp e a Walter Tocci, emessa nel dicembre del 2005. Così come il danno erariale di oltre 10 miliardi di vecchie lire per il «pasticcio» degli ausiliari del traffico. Così si chiudeva l'epoca Rutelli. La gestione Veltroni, dal 2001 al 2008 non ha certamente visto migliorare lo stato di salute di Atac. Anzi. Sono anni in cui le spese per la società di viale Ostiense (dopo la dismissione della storica sede di via Volturno). Una «drammatica» delibera del Cda di Atac del febbraio del 2005 dava lo stop agli investimenti non coperti e alla valutazione di quelli in corso, nonostante la giunta Veltroni avesse concesso un apporto straordinario ad Atac di 80 milioni di euro solo nell'ottobre precedente. Il crac era alle porte. Nella 2006 l'azienda aveva un buco in cassa di oltre 128 milioni di euro. Eppure, l'assestamento di bilancio di quell'anno stanziò 7,5 milioni per «monitorare il traffico» e altri 2 milioni di euro per il «pagososta», un sistema di bigliettazione bus tramite sms conosciuto solo a pochi fortunati. La scelta di esternalizzare i servizi prima (vedi la Sta per i parcehggi) e di spezzettare in tre società la gestione del trasporto pubblico ha cannibalizzato (neanche troppo lentamente) l'Atac. Al di là delle «consulenze d'oro» che pure ci sono state, quello che è emerso è piuttosto un sistema di gestione degli appalti all'esame oggi della Procura e della «Corte dei conti che ha recentemente rinviato a giudizio i vertici Atac degli ultimi 10 anni. Si va dalle famigerate linee J, costate 70 miliardi di lire e dismesse poco dopo; l'appalto delle emettitrici Erg di 400 miliardi di lire e risultato più che fallimentare, il parcheggio Cornelia costato 35 milioni di euro e chiuso «per disuso». E chi non ricorda l'esordio del filobus 90: 60 milioni di euro e 2mila guasti registrati in 7 mesi. L'acquisto di 78 tram per 3,3 miliardi e risultati poi fallati; 2 tram di 40 metri (4,5 miliardi di lire) e mai entrati in funzione. Che dire poi dei 248 jumbobus, pagati 700 milioni ciascuno e che hanno portato più danni che benefici (il 36,3% delle vetture è rimasto fermo per guasti). Tutto questo non si chiama «parentopoli». Ma forse è anche peggio.